Michael Quinn, ex portiere professionista irlandese, ha svolto uno straordinario studio sull'abilità di percezione dei portieri di calcio che è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica CURRENT BIOLOGY MAGAZINE nel numero uscito lo scorso 9 ottobre.
In collaborazione con l'Università di Dublino Quinn ha condotto questo studio reclutando sessanta volontari, tra portieri di calcio, giocatori di altri ruoli e altre persone che non giocano a calcio.
Il risultato della ricerca è stato straordinari ed ha evidenziato la migliore capacità percettivo-cognitiva dei volontari che giocano nel ruolo di portiere.
E' risultato che i portieri riescono a meglio elaborare in poco tempo i segnali visivi ed uditivi rispetto agli altri calciatori di movimento ed alle altre persone in senso generale.
Sono stati elaborati i differenti tempi di reazione della cosiddetta "finestra temporale", ossia del tempo che trascorre prima che il cervello elabori in un unica percezione integrata i diversi input trasmessi dai diversi sensi. Ebbene, sulla base dello studio di Quinn e dei suoi collaboratori dell'Università di Dublino è risultato che dei tre gruppi di studio (portieri, giocatori di movimento, altri volontari non giocatori) gli estremi difensori hanno evidenziato una finestra di legame temporale più rispetta degli altri due gruppi.
La specificità del ruolo, che richiede l'elaborazione di più dati nel più breve tempo possibile, al fine di evitare la rete da parte dell'avversario è sicuramente l'elemento determinante di questa diversa e più veloce percezione dei portieri. Quando un avversario colpisce la palla il portiere non solo utilizza le informazioni visive per seguirne la direzione ma elabora nel suono attraverso la percezione uditiva un diverso grado di pericolosità del tiro in base alla distanza e alla forza dello stesso, così il cervello del portiere integra le informazione visive e uditive in una soluzione unica che dovrebbe essere quella ottimale per effettuare il giusto intervento.
Lo studio di Quinn si chiude con un grande punto di domanda: l'autore e i suoi collaboratori si chiedono cioè se queste abilità percettive dei soggetti volontari erano già preesistenti nei soggetti stessi e li hanno quindi avvicinati ed indirizzati più naturalmente al ruolo occupato oppure se, le stesse abilità si siano sviluppate a seguito di continui stimoli audio-visivi, attraverso cioè allenamento e gare di gioco.
La risposta arriverà da futuri studi.
Questo il link ufficiale per scaricare il file PDF dello studio per chi volesse ulteriormente approfondire l'argomento:
https://www.cell.com/current-biology/pdf/S0960-9822(23)01130-2.pdf