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sabato 27 aprile 2019

Italo Cucci "Un nemico al giorno. Storia di un giornalista."



"Al Guerin Sportivo
amico dei miei amici."

Si apre così, con questa dedica, l'autobiografia del  "mio"  Direttore  Italo Cucci.
UN NEMICO AL GIORNO. STORIA DI UN GIORNALISTA edito da Limina nella primavera del 2003 raccoglie la vita, le opere, e  le missioni di quello che, in maniera indiscutibile,  è  l'Emblema vivente dello Spirito proprio del  Guerin Sportivo, il più antico periodico sportivo al Mondo.
E proprio dalle pagine dell'antico Guerino, io, all'epoca quattordicenne,  ho imparato a conoscere ed apprezzare Cucci e il suo lavoro.
Ho vissuto, attraverso le pagine di quel Guerin Sportivo delle annate  1985-1986, lo Zenit della serie A, quel Campionato di Calcio dove tutti insieme, i migliori calciatori del mondo si davano battaglia: Maradona, Platini, Rummenigge, Junior, senza dimenticare i nostri Giganti, come Scirea, Baresi, il bomber Pruzzo e via raccontando.
Sempre grazie a Cucci partecipai a Mexico 1986, pur restando a casa. 
Cronache puntuali e foto splendide dei grandi collaboratori dell'epoca (Giglio, Zucchi, Thomas) mi raccontarono tutto il mondiale della "Mano de Dios"  in un epoca, quella,  dove internet non esisteva ancora e la carta restava l'unica fonte di documentazione consultabile.
Per filo e per segno quell'estate 1986 l'ho raccolta in un post, questo: L'estate del 1986. Quella di Maradona e Pfaff. Quella del Mondiale del Messico
E per il Natale di quel 1986 i miei genitori mi regalarono proprio quel libro che a lungo avevo sognato e che ancora conservo come uno dei più cari ricordi della mia adolescenza : 


Devo Ringraziarla  Italo Cucci,  Direttore.
Grazie per avermi regalato articoli da mandare a memoria, pagine su pagine vergate, pure quelle come fosse stata "la Mano di Dios" e  copertine,  e immagini e ricordi e vita.
Eravamo a metà degli anni ottanta ...
E  ... ottanta, quest'anno, è un traguardo. 
Grazie Italo.
Sempre.









giovedì 25 aprile 2019

Sunshine on Leith




                       
Di  Roberto  Rizzetto


Mark Renton detto “Rent” ed il suo amico Spud hanno appena commesso un furto e sono inseguiti da due poliziotti. Mentre si fiondano a perdifiato lungo Princes Street (la via che divide il centro storico di Edimburgo), la voce fuori campo di Rent intavola un articolato discorso sulle scelte che si fanno nella vita che si conclude con questa frase: “Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos’altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando hai l’eroina?”.                                                                                        
Inizia così TRAINSPOTTING, film del 1996 diretto da Danny Boyle, qui alla sua seconda regia dopo il bellissimo “Piccoli omicidi tra amici”.                                   
La pellicola è stata inserita al decimo posto nella lista dei migliori cento film britannici del XX secolo dal British Film Institute, mentre un sondaggio l’ha definito il miglior film scozzese di tutti i tempi.                                              
Il lungometraggio, ambientato interamente a Edimburgo e più precisamente nel sobborgo portuale di Leith, racconta le vicissitudini di un manipolo di amici eroinomani nella Scozia degli anni 80. E durante la narrazione sono continui i riferimenti alla squadra di calcio per la quale fanno il tifo i protagonisti della storia, ovvero l’Hibernian Football Club, che nel film non viene rappresentata come una squadra da celebrare ma come un modo di essere, rivendicando con orgoglio l’origine cattolica, l’appartenenza alla classe operaia ,il rimpianto per il vecchio partito labourista vicino ai sindacati e la simpatia per la causa indipendentista irlandese.                                                                        
Non ho ancora detto che la pellicola è tratta dal bestseller scritto da Irvine Welsh tre anni prima. E sarà che io e Welsh festeggiamo il compleanno lo stesso giorno (anche se lui ha esattamente dieci anni più di me, visto che è nato a Leith il 27 Settembre del 1958), sarà per la sua capacità di descrivere fatti, personaggi e situazioni in maniera cruda ma assolutamente reale, fatto sta che considero Irvine Welsh il mio scrittore prediletto. Una caratteristica ricorrente nelle sue opere è la presenza degli stessi personaggi da un romanzo all’altro (ad esempio “Porno” scritto nel 2002 vede come protagonisti gli stessi “skagboys” conosciuti in “Trainspotting”). Essi condividono la passione calcistica per gli “Hibs” e l’avversione per gli “Hearts”, ovvero l’altra squadra di Edimburgo riconducibile ai protestanti, ai massoni ed ai lealisti della corona inglese. Guarda caso il protagonista (negativo) del terzo romanzo di Welsh intitolato “Il lercio” è Bruce Robertson, un deplorevore agente di polizia di Leith ed incarnazione dei peggiori mali della società, ovviamente tifosissimo degli Hearts…                                                                                                     Qualche anno fa ho avuto la fortuna di compiere un viaggio ad Edimburgo, città meravigliosa della quale mi sono subito perdutamente innamorato. E dopo aver visitato il maestoso castello (che pare aver regalato molti appunti alla scrittrice J.K.Rowling per la stesura di Harry Potter), dopo aver passeggiato per Royal Mile ed aver respirato un’atmosfera allegramente alcolica all’interno dei suoi caratteristici pub, non potevo che diventare a mia volta un simpatizzante della casacca biancoverde degli Hibees .                                                               
E allora va detto subito che la bacheca di questa squadra è alquanto scarna, visto che la Scottish Premiership (la massima divisione scozzese) è praticamente una questione privata tra le due squadre di Glasgow. Nei 122 campionati di SP i Rangers vantano 54 titoli ed il Celtic 49, ma mentre sto per scrivere questo pezzo manca solo la matematica all’ottavo titolo consecutivo di quest’ultimi. L’Hibernian ha vinto 4 titoli, l’ultimo dei quali nel lontano 1952.              
L’ultima volta che il campionato non è stato vinto da una squadra di Glasgow è avvenuto nel 1985 grazie all’Aberdeen. E’ evidente quindi che in un campionato composto da 12 squadre e lungo ben 38 giornate, alla fine, il differente tasso tecnico si fa sentire…                                                                
Per gli “Hibs & Co.”meglio allora puntare sulla Scottish Cup, ovvero la Coppa di Scozia, la più antica competizione calcistica ufficiale di Scozia e la seconda più antica del regno Unito e del mondo. La formula del torneo (mai cambiata fin dalla prima edizione del 1873) che prevede partite uniche in ordine di sorteggio con eliminazione diretta, ha fatto sì che non ci fosse un’egemonia schiacciante come in campionato, tuttavia anche in questo caso Celtic e Rangers hanno fatto incetta di trofei con rispettivamente 38 e 33 affermazioni.            
L’Hibernian FC ha vinto tre volte la Scottish Cup, ma l’ultima vittoria risale addirittura al 1902. Dopo sono arrivate altre 10 finali, tutte desolatamente perse…                                                                                                              Ed arriviamo alla stagione 2015-16. Dopo la rovinosa retrocessione avvenuta due anni prima, gli Hibs si trovano nella Scottish Championship (la serie B scozzese). L’annata sta volgendo al termine e i “Cabbage” (letteralmente “cavoli”, soprannome dato dai fans ai calciatori dell’Hibernian) hanno appena perso la finale di coppa di Lega (contro il Ross County subendo un goal al novantesimo) e sono usciti in semifinale dai playoff/promozione per mano del Falkirk, subendo anche in questo caso un goal al novantesimo.                       
 I biancoverdi hanno tuttavia raggiunto l’ennesima finale di Scottish Cup (grazie soprattutto ad un’incredibile rimonta negli ottavi di finale nei confronti degli odiati cugini degli “Hearts”) dove troveranno i Rangers Glasgow.    
Quest’ultimi, dopo il fallimento del 2012, hanno appena ottenuto la promozione nella massima serie, e contano, vincendo la coppa, di tornare l’anno successivo a calcare i palcoscenici europei.                                                                     Sabato 21 Maggio 2016, in un raro pomeriggio di sole, allo stadio “Hampden Park” di Glasgow (generalmente teatro delle partite della nazionale scozzese)  HibernianFC e Glasgow Rangers si contendono la 131a edizione della Scottish Cup. Pronti, via e i biancoverdi di Edimburgo al terzo minuto di gioco sono già in vantaggio grazie all’attaccante irlandese Anthony Stokes che, lanciato sulla fascia sinistra dal compagno di reparto Jason Cummings, entra in area e fulmina il portiere avversario con un preciso “piatto” rasoterra sull’angolo lontano. Ma ben presto i “gers” si riorganizzano e pervengono al pareggio con un colpo di testa di Kenny Miller (37 anni e 68 presenze nella nazionale scozzese). Due sussulti prima della fine del primo tempo, con i legni colpiti dagli autori dei due goal. Stokes centra infatti il palo con un tiro da fuori due minuti dopo il pareggio, mentre Miller, su perfetto calcio d’angolo battuto da McKay, fa tremare la traversa con un potente colpo di testa.                             
Quando nella ripresa Andy Halliday ribalta il risultato grazie ad una precisa staffilata da fuori area per i venticinquemila tifosi dell’Hibernian presenti si materializza il fantasma di un copione già visto, con i propri beniamini sconfitti proprio ad un passo dal traguardo. Del resto quella era una coppa maledetta, che gli Hibs non erano riusciti a portare a casa nemmeno negli anni cinquanta, quando avevano vinto due campionati, o nei primi anni ottanta, quando potevano annoverare tra le proprie fila un giovanissimo attaccante nordirlandese, tale George Best.                                                                        
A venti minuti dalla fine l’allenatore dei “Cabbage”, l’inglese Alan Stubbs, si gioca l’ultima carta e toglie il difensore Fontaine rimpiazzandolo con il centrocampista dai “piedi buoni” Liam Henderson, nella speranza che i suoi cross in mezzo all’area vengano raccolti dagli attaccanti Stokes e Keatings. Ottantesimo minuto. Calcio d’angolo sulla destra per l’Hibernian. Se ne incarica proprio il numero 3 Liam Henderson (oggi in forza all’Hellas Verona) che pennella un delizioso cross sul primo palo sul quale si avventa di testa Anthony Stokes per il goal del pareggio. “Stokes is on fire!” cantano i fans biancoverdi di colpo rigenerati. Poco dopo da bordo campo viene esposto il tabellone luminoso che indica che saranno quattro i minuti di recupero prima dei supplementari. Lo straripante Stokes impegna ancora il portiere avversario Foderingham con un potente tiro di sinistro deviato in angolo. Come una decina di minuti prima è ancora Henderson ad incaricarsi del tiro dalla bandierina. Sul cross in mezzo all’area stacca di testa il capitano David Gray ed il pallone si insacca sulla destra dell’incolpevole portiere. L’Hit dei Boney M. “Daddy Cool” diventa “David, David Gray” cantata dagli Hibernian Fans, per i quali due minuti dopo scatta l’apoteosi : dopo un digiuno durato 114 anni l’Hibernian è tornato a vincere la Coppa di Scozia!                                                                                                 
Anthony Stokes è “man of the match” e diventa un eroe biancoverde. E lo rimarrà per sempre, anche oggi che gioca nel Tractor Sazi Tabriz, club di prima divisione iraniana! David Gray alza al cielo la coppa e dedica il trofeo a Sam Martinez, un tifoso biancoverde di 106 anni presente allo stadio. E mentre i tifosi dei Rangers lasciano mestamente lo stadio i fans biancoverdi intonano il loro inno, SUNSHINE ON LEITH, scritto da due gemelli musicisti di Leith, Charlie e Craig Reid, in arte i “The Proclaimers”.                                            
Il giorno successivo un “oceano biancoverde” accompagnerà la squadra, sfilata su un bus scoperto con tanto di coppa appena conquistata al seguito, dalla centralissima Royal Mile (la via principale di Edimburgo) fino a Leith, vero feudo del tifo biancoverde.