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domenica 3 gennaio 2016

L'estate 1986, quella dei miei 15 anni. Quella di Maradona e Pfaff. Quella del Mondiale del Messico.


Un giorno, immagino, la spazio dei ricordi comincerà ad essere troppo stretto e qualcosa andrà perso.
Ci sono persone ed immagini che passano mentre alcune restano ferme, indelebili,  oggi come fosse ieri.
Quel giorno che dovrò selezionare sarà un problema. Come dimenticare l'estate di Spagna 1982, o ancora quella del mondiale 2006 o del mitico Milan di Sacchi negli anni tra il 1988 e il 1990.
Eppure, ad un certo punto, se nello zaino della mente restasse posto per un ricordo solo del mio tempo con il calcio non avrei il men che minimo dubbio. 
Porterei con me quei ricordi del mondiale messicano del 1986: il mondiale dell'estate dei miei 15 anni. Un'estate splendida.
Arrivai ai primi di giugno con il patema d'animo.
Al primo anno all'Istituto Tecnico Jean Monnet di Mariano Comense rischiavo seriamente la bocciatura.
Ero arrivato nella nuova scuola proveniente  dalle medie con una preparazione di base appena sufficiente ma soprattutto con una scarsa determinazione. Lavorai durante quell'anno scolastico 1985/1986 al 25% scarso delle mie possibilità. Non essendo mai stato un particolare genio la mancanza di risultati era tutta da attribuire ad un approccio completamente sbagliato con la nuova realtà di studio.
Il mio diario di quell'anno racconta, ancora oggi, molto degli errori di sottovalutazione che commisi.


Anziché dedicarmi allo studio mi riempivo la testa con il mio amato calcio.
E così, mentre in Messico la grande kermesse del calcio mondiale era appena iniziata,  uscirono i risultati degli scrutini. Fu un gran sollievo non trovarmi bocciato. E così accettai di buon grado quel rinvio agli esami di riparazione con tre materie a settembre: tutte e tre con un quattro tondo.
Avrei passato l'estate 1986 a riparare le mie mancanze in matematica, tedesco e stenografia.
Del mondiale messicano mi interessavano in maniera viscerale due cose: prima vedere all'opera il mio idolo, il portiere belga Jean-Marie Pfaff e  seconda vedere l'Italia approdare in finale.
Per un ideale ponte di collegamento  con la vita reale il calcio e la scuola si mischiarono per tutta quell'estate. Quindi la nazionale italiana debuttò destando qualche perplessità e pareggiando per 1-1 contro la Bulgaria mentre il mio belga partì male perdendo per 2-1 contro il Messico e finendo finanche dietro la lavagna come uno dei peggiori tra i Diavoli Rossi in quel match.
Si iniziava bene.
L'Italia avrebbe pareggiato anche con l'Argentina del dio Maradona salvo vincere  e qualificarsi agli ottavi di finale piegando (in una non certo eroica impresa) la Corea del Sud per 3-2.
Pfaff e il suo Belgio ebbero la meglio (a fatica) con l'Iraq per 2-1 e pareggiarono 2-2 con il Paraguay e arrivarono così agli ottavi di finale a fatica. 
Il "Guerin Sportivo" non fu tenero con il mio Jean-Marie che, dopo le prime tre gare eliminatorie, venne messo a difesa dei pali della squadra delle delusioni mondiali con un titolo a lui dedicato "Ho fatto Pfaff" ironizzando in maniera "onomatopeica" con il suo cognome.
La storia poi sarebbe stata riscritta e, alla fine del torneo, proprio lui fu eletto miglior portiere del mondiale.


Ma andiamo con ordine.
Tra me e le gare degli ottavi di finale,  che iniziarono il 15 giugno, i miei genitori stilarono il programma per il mio recupero scolastico.
In Messico le gare si giocavano alle 20.00  e alle 24.00 ora italiana. 
Cosicché, per spuntare il consenso dei miei sulla visione delle gare in notturna (il Belgio giocò sempre alle 24.00 sia ottavi, che quarti che semifinale) mi toccò promettere un impegno al 110% durante le ore di ripetizione per portare a casa la promozione a settembre.
Così venne varato il programma: per stenografia le ripetizione me le dava mia madre che aveva fatto da giovane le scuole commerciali. Per matematica i miei trovarono una ragazza che insegnava proprio quella materia a poche centinaia di metri da casa nostra. Mentre per tedesco fui affidato ad una ragazza, figlia di amici di famiglia, che studiava lingue ed era molto preparata.
Così, partito il piano recupero, mi trovai subito di fronte ad una nottata interminabile quando, il 15 giugno 1986 il mio Pfaff giocò contro i russi per la gara di ottavi di finale. Fu una sofferenza ma, alla fine, facendo le 2 del mattino  alzai le braccia al cielo. Il Belgio si impose per 4-3.
Solo due giorni dopo, il 17 giugno, l'Italia di Bearzot mi regalò una bella delusione perdendo il suo ottavo di finale contro i più forti francesi capitanati da Michel Platini.
Tornando alla scuola le ripetizioni che mi pesavano di più erano quelle di matematica. La mia insegnante, Laura, era una persona molto seria, molto preparata. Ma mi metteva in soggezione. Parlava poco, il minimo indispensabile, e sorrideva anche meno. Così  ogni volta che partivo a piedi da casa per andare da lei lo facevo con malavoglia, senza alcuna gioia.
Alle ripetizioni di tedesco, invece, andavo in bicicletta, e quasi sempre di corsa. E ci andavo volentieri e, se possibile, di più. Michela, che aveva tre-quattro anni più di me, era una ragazza meravigliosa. Bella come il sole ma anche bella come anima. Mi piaceva un sacco andare da lei. E mi impegnavo al massimo per imparare bene ogni cosa e fare la migliore figura possibile. 
Terminate le  ore di ripetizione le chiedevo sempre qualche piccolo aiuto per tradurre gli articoli di calcio della Bild e della AbendZeitung. Quando riprendevo la bici per tornare a casa, con la mente, volavo sempre un metro sopra la strada. 
Con mia mamma la stenografia era una noia ma, devo dire, mi seguiva con passione e mi fece recuperare il tutto in breve tempo.
Con il calcio eravamo rimasti che, con l'Italia eliminata,  il mio "interesse mondiale" restava legato al destino del Belgio.
Nella notte del  22 giugno fui testimone di un altro miracolo. A Puebla, nella sfida dei quarti di finale tra  il Belgio e la Spagna si andò  ai calci di rigore dopo l'1-1 dei tempi regolamentari. E anche quella notte lì andai a letto ben oltre le 2 del mattino ma con la gioia immensa di aver visto il mio Pfaff fermare il rigore decisivo allo spagnolo Eloy consegnando così al Belgio intero il miracolo di una semifinale mondiale.
La sorte mise di fronte a Pfaff,  miglior portiere del mondiale, il miglior giocatore del mondo: l'argentino Diego Armando Maradona.
La partita, nella notte del 25 giugno, fu senza storia. E seppure il Belgio riuscì a resistere per tutto il primo tempo (che si chiuse 0-0) nella ripresa una doppia prodezza di Maradona mise la parola fine al miracolo belga.
Anche nella finale  per il terzo e quarto posto, che si disputò il 28 giugno, il Belgio venne sconfitto. La Francia si guadagno la medaglia di bronzo vincendo quella gara per 4 reti a 2  maturato però solo dopo i tempi supplementari.
Il 29 giugno nello splendore del cielo azzurro di Città del Messico e nel prato verdissimo dello stadio Azteca si chiuse il mondiale dei miei 15 anni. Maradona e la sua Argentina vinsero un mondiale che avevano dominato dall'inizio alla fine.
Ancora oggi, quando osservo le mille foto che girano nei vari forum su internet riesco a distinguere senza il minimo errore le immagini di quel mondiale lì. Le foto del cielo azzurro, del sole giallo e dei prati verdi come mai prima avevo visto.
Finito il mondiale si intensificò il mio lavoro di recupero.
E devo sempre dire grazie alla costanza di mia madre e alla pazienza di Laura e Michela se, nei primi giorni di settembre, mi riuscì di presentarmi all'appuntamento con gli esami di riparazione preparato in maniera più che eccellente.
In quell'estate dei miei 15 anni imparai anche una bella lezione di vita: valutai che il sacrificio dei miei genitori, che pagarono tutte quelle ore di ripetizione, meritava il mio massimo sforzo. 
E arrivai all'appuntamento di settembre convinto e preparato al 110% .
Gli anni successivi, al Jean-Monnet scorsero via più lisci, perché avevo imparato la lezione più grande: cioè che bisogna sempre dare tutto quello che si ha dentro se si vuole avere dei risultati: nella scuola come nella vita o nello sport.
Fui sorpreso, una decina di anni fa, quando durante una funzione religiosa per il battesimo di un figlio di un caro amico tra tante persone rividi e salutai dopo tanti anni la mia amica Michela che fu determinante per il mio esame di tedesco in quell'estate del  1986. 
Quella che riconobbi subito, tra le tante persone che c'erano quel pomeriggio,  era diventata (come peraltro era facilmente immaginabile) una splendida donna che aveva un ottimo lavoro come hostess di volo presso una compagnia aerea svizzera. 
Fu una grande gioia ritrovarla dopo così tanti anni, come è una gioia ricordarla anche ora, trent'anni dopo quegli eventi: perché è bello ricordarsi sempre con riconoscenza delle persone che nella vita hanno avuto la pazienza e la costanza di aiutarci a crescere.
Per il Natale di quell'anno 1986 i miei genitori mi regalarono lo splendido libro "IL MIO MONDO - DIARIO DI MEXICO 1986" scritto dal giornalista Italo Cucci con le splendide fotografie degli inviati del Guerin Sportivo tra cui ricordo Salvatore Giglio e Guido Zucchi.


A distanza di trent'anni, dopo averlo consumato con gli occhi lungo il cammino,  quel libro lo conservo ancora qui a pochi metri da me, perché ogni tanto, quando me ne viene la voglia ne riapro le pagine e, come se fosse un libro magico, lui mi porta via con la mente e mi riporta indietro a quell'estate del  1986 ... un'estate lontana ormai trent'anni ...
L'estate memorabile che consacrò un dio del calcio argentino, un portiere coi riccioli biondi belga ma soprattutto consentì ad un ragazzo quindicenne qualunque di proseguire un percorso di studi insegnandogli, una lezione via l'altra, l'atteggiamento giusto per affrontare con più maturità le vicende della vita.
Que Viva Mexico '86!!! Siempre !!!!









(Hero part 1 e 2 - Il film Ufficiale di Mexico 1986)















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