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venerdì 27 luglio 2012

Un uomo chiamato Garrincha



Manuel Francisco dos Santos detto Manè è stato un grande uomo. Prima di essere un grande calciatore Manè fu un grande uomo.
Se il calcio non vi piace e non vi interessa non saltate oltre... perchè quella di Manè non è una storia di calcio... o, perlomeno, non solo di calcio e comunque molto più di una storia di calcio. Perché Manè è stato più che un semplice uomo di calcio. Per qualcuno in Brasile è stato e sempre sarà il calcio.
"Obrigado Garrincha por voce ter vivido" ovvero "Grazie Garrincha per essere vissuto"  così  scrisse una mano ignota su un muro di Rio de Janeiro.
Per i brasiliani era semplicemente "L'allegria del popolo".  Superato per fama dalla stella di Pelè Garrincha resterà per sempre nella memoria dei brasiliani l'ala più forte che abbia mai vestito la casacca verdeoro della "selecao".
Manè fu soprannominato Garrincha da uno dei suoi molti fratelli. Garrincha è il nomignolo con cui  i brasiliani indicano un piccolo volatile, ed al piccolo Manè questi uccelli piacevano tantissimo... e tanto li amava da stare per ore e ore ad osservarli nella foresta di Pau Grande piccolo paesino  o se preferite piccola favelas dove nacque il 23/10/1933.
Se mai vi dovesse capitare di andare in Brasile fatemi un favore... fate quello che farei io... cercare una persona di almeno 50 anni ed avvicinandolo sussurrargli semplicemente quel soprannome "Garrincha"... probabilmente al vostro interlocutore chiunque esse sia... si illumineranno gli occhi... perché  l"allegria del popolo" in Brasile fu amato quanto e forse più di Pelè... entrando a far parte dell'anima stessa di quei brasiliani che  furono così fortunati da poterlo vedere in azione di persona.
Il piccolo Manè soffrì da piccolo di una forma di poliomelite che non gli impedì comunque di arrivare al grande calcio lasciandogli in eredità una gamba leggermente più piccola dell'altra. E proprio questa lieve malformazione fu, secondo la leggenda, la fortuna di Garrincha. Infatti Manè è passato alla storia per la sua "finta" a cui abboccavano tutti i difensori, a qualsiasi latitudine del globo fosse eseguita, tanto che in Brasile alla sua morte qualcuno scrisse che ora avrebbe fatto impazzire anche gli angeli del paradiso scappandose via col suo pallone incollato a piedi. In quasi tutti i libri di calcio che ho potuto consultare la sua scheda si chiude con: "Leggendaria la sua finta di corpo" e simili.
Nils Liedholm, capitano della Svezia che fu sconfitta in finale dal Brasile nel campionato del mondo 1958, raccontò “(…) Prima della gara sapevamo benissimo quanto forti erano i nostri avversari. Li avevamo osservati di persona. Così sapevamo del giovane Pelè di Vava di Nilton Santos e di Garrincha… ma ecco, proprio lui fu la chiave di quella partita. Il nostro difensore studiò Garrincha a fondo, e credette di aver capito tutto… “Quello prima finge di andersene via a sinistra e poi scatta veloce a destra… ha fatto sempre così… sa solo fare così. Finora gli è andata bene… ma ora… non ci fregherà”… evidentemente la teoria era giusta… peccato che se andate a rivedere ora le immagini di quel primo tempo di Svezia – Brasile vedrete il nostro difensore superato ogni volta da Garrincha… fu una cosa incredibile. Semplicemente incredibile. Il nostro difensore rimaneva sempre sul posto mentre l’ala destra brasiliana prendeva il volo su quella fascia neanche avesse le ali.”
In effetti ho potuto visionare diversi filmati e diverse azioni del grande Manè e me ne sono talmente innamorato da essere ora qui a raccontare a tutti voi di questo uomo a cui forse la fortuna ad un certo punto decise di voltare le spalle.
Le cifre della sua vita da calciatore professionistico nella nazionale brasiliana parlano da sole:  50 presenze e 13 gol. 3 i mondiali disputati rispettivamente nel 1958 1962 e 1966; di questi due nel 1958 in svezia e nel 1962 in Cile lo videro ritornare vincitore in Brasile con la mitica coppa Rimet. Nel 1958 fu designato l'ala destra titolare della all-star di quell'edizione del campionato del mondo. Ma ancora meglio fece nel 1962 quando chiuse il mondiale da capocannoniere con 4 centri e l'ennesima gratificazione di miglior ala del mondiale. Nel 1962 in considerazione dell'infortunio che bloccò il grande Pelè dopo una sola gara il vero eroe nazionale fu proprio lui... il grande Manè.
In Brasile di padre in figlio si tramanda "l'aneddoto assoluto" sulla grandezza dell'uomo prima ancora che del calciatore... premetto solo che Manè fu sempre un uomo umile, semplice... e forse anche troppo buono... alcune biografie ne parlano in altri termini... per me, che posso dire ora di conoscerlo un po' meglio... rimane solo "uomo buono"... cresciuto nella foresta e che con la foresta viveva e dove sarebbe stato sepolto alla sua morte.
Ora l'aneddoto tratto dal libro di Darwin Pastorin "Ode Per Manè": di ritorno dalla grande vittoria del campionato del mondo in Svezia i campioni vengono accolti come autentici eroi dal Governatore dello stato di Rio. Lo stesso governatore al termine di un classico "discorso" comunica ai campioni del mondo che ha deciso di fare a tutti un regalo:

"... a voi che così fulgido onore avete portato al Brasile, io, ho deciso di regalare a ognuno (pausa ad effetto)... una villa a Copacabana!! ...Siete Contenti??"
Tutti ridono felici... chiaro... come potrebbe essere altrimenti.
Solo Garrincha non sorride... anzi proprio non ride... anzi pare quasi corrucciato.
Tutti lo notano... e subito scende uno strano imbarazzo...
I compagni lo guardano... il governatore lo guarda...
"Qualcosa non va Garrincha???" chiede allora il governatore.
Zagallo nel frattempo segue svogliato il volo di una mosca che rompe il silenzio imbarazzante.
Garrincha scuote il capo.
Nel frattempo, il governatore, che è uomo navigato, fra sé pensa: "chissà cosa vorrà ora questo qui". E subito  riprende: "... se la villa non ti piace... Puoi chiedere altro... Su... coraggio"
"Dice veramente signor Governatore??" chiede allora Manè
"Certo"
Imbarazzo
Zagallo  nel frattempo potrebbe raccontare la vita della mosca.
"Come regalo vorrei..." inizia Manè "vorrei ... la vede quella gabbia signor Governatore??"
Tutte le teste si girano contemporaneamente ad osservare il punto indicato da Manè.
Lì un piccolo passero tutto colorato svolazza dentro una gabbia.
"Signor Governatore, io non voglio la villa. Come premio per la Coppa del Mondo le chiedo solo di liberare quel passero. Lo lasci volare nell'immensità del cielo. Libero nel cielo… finalmente libero."

Qualcuno tra voi potrà anche non credere che al mondo una persona abbia avuto il coraggio di tale gesto... sarebbe più facile pensare a questa come ad una leggenda... ma non è così. Questo è solo un aneddotto piccolo piccolo nella storia di questo grande personaggio... Anch'io quando lo lessi la prima volta stentai a credere che potesse essere vero. Era vero. E' vero. Com'è vero che Manuel dos Santos Garrincha morì una mattina, il 20 gennaio 1983 solo e abbandonato dal mondo del calcio in una camera  dell'ospedale di Rio de Janeiro. La fama, la gloria, le donne, il successo, i soldi ...tutti e tutto  passarono sopra di lui... ma al contrario di molti altri (tra cui per esempio il grande Pelè)  non lo cambiarono mai... rimase sempre un piccolo uomo che amava tornare nella sua foresta ad osservare il fiume e gli uccelli volare liberi al tramonto.
Il ricordo più bello ed appassionato del grande Manè lo potete trovare, se volete, in uno stupendo libro che rende giustizia alla sua persona, libro scritto da un giornalista italiano Darwin Pastorin (direttore di Stream TV) non a caso nato e cresciuto in Brasile proprio nel pieno della Garrinchamania. Il libro si intitola "Ode per Manè - quando Garrincha parlava ai passeri" (edizioni Limina) la cui copertina vedete riportata sopra.

In quarta di copertina c'è la massima dell'autore a cui mi associo dopo 30 giorni passati a studiare libri consultare siti internet e vedere videocassette per capire chi fosse… Manè, l’uomo chiamato Garrincha.

"Resta la memoria  dei sogni che abbiamo sognato, che hanno cullato i nostri giochi di bambini. Con tenerezza, riprendo me stesso fanciullo per mano, un ragazzino che, su quei prati  che erano ancora prati, urlava ai suoi amici: "io sono Garrincha", e con il numero sette che mia madre mi aveva cucito sulla maglietta inseguivo un pallone e la vita."

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