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martedì 29 dicembre 2015

Addio a Pavel Srnicek


Giunge oggi, 29 dicembre 2015, la triste notizia della scomparsa del portiere ceco Pvael Srnicek.
Dopo poco più di una settimana dall'infarto che l'ha colto mentre faceva jogging il cuore del portiere ha smesso di battere oggi.
Di questo validissimo portiere ho vivo il ricordo del suo periodo passato in Italia a difendere i pali del Brescia.
Seppure il suo passaggio in Italia non fu particolarmente fortunato (32 presenze in 2 stagioni a Brescia e 9 presenze in Serie B a Cosenza) Srnicek ebbe modo di mostrare tutto il suo indubbio talento.
Per anni portiere del  Newcastle dopo il passaggio in Italia tornò in Inghilterra (Portsmouth e West Ham) prima di proseguire la carriera con la maglia dei portoghesi del Beira-Mar e chiudere col calcio giocato ancora a Newcastle nella stagione 2006/2007.
Per 49 volte è stato titolare della maglia numero 1 della nazionale ceca. 
Partecipò alla fase finale dei campionati Europei 1996 in Inghilterra  come riserva del titolare Petr Kouba mentre nella fase finale dell'Europeo 2000 che si disputò in Belgio e Olanda Srnicek fu titolare in tutti e tre i match disputati dalla Repubblica Ceca.
Uno dei miei "Eroi Originali". 
Non sarà mai  dimenticato.






Allal Ben Kassou leggendario portiere del Marocco a Mexico 1970


Devo la paternità di questo post all'indicazione di un ragazzo marocchino che vende frutta al mercato.
Con lui in una mattina di metà ottobre abbiamo discusso su quale fosse stato il più grande portiere della storia calcistica del Marocco: se, abbiamo convenuto entrambi,  il più noto è stato Badou Zaki eroe di Mexico 1986 il ragazzo mi disse che  in Marocco non è meno famoso Allal Ben Kassou che fu titolare della maglia numero 1 al mondiale 1970 che si disputò sempre in Messico.
E così è nato questo post su Allal Ben Kassou.
Già portiere della nazionale olimpica che prese parte alle Olimpiadi di Tokyo 1964 Ben Kassou visse momenti di vera gloria allorché la nazionale del Marocco si qualificò per la fase finale del mondiale Mexico 1970.
In quell'occasione il portiere marocchino difese i pali della nazionale in ben due occasioni.
Nella prima gara mondiale al Marocco toccò in sorte la temibile Germania di Maier, Beckenbauer e del bomber Müller. 
Un battesimo del fuoco mica da ridere per un portiere.
Il Marocco passò in vantaggio al minuto 21 con una rete dell'attaccante Houmane Jarir dopo un errore del grande Sepp Maier che mancò una presa facile nella sua area di rigore. 
I tedeschi accelerarono il gioco e iniziarono a bombardare la porta di Ben Kassou che compì degli autentici miracoli. In particolare fu miracolosa una sua deviazione su un tiro ravvicinato di Müller.

(Allal Ben Kassou esce su Gerd Müller)

Il primo tempo si chiuse così con l'inaspettato vantaggio degli africani.
Nella ripresa i tedeschi, dopo vari tentativi tutti sventati dal grande Kassou, trovarono il pareggio con Uwe Seeler al 56° minuto.
A chiudere i giochi ci pensò il leggendario Gerd Müller che segnò il gol del  definitivo 2 - 1 a favore dei tedeschi all'80° minuto di gara.
Nella seconda  gara che disputò, il 6 giugno 1970, il suo Marocco era  opposto al Perù. La squadra sudamericana era veramente forte a quei tempi e poteva contare sulle gesta leggendarie di un attaccante come Teofilo Cubillas che, nella storia, viene ricordato come l'attaccante più prolifico del Perù.
Ed infatti, quel 6 giugno fu proprio Cubillas a punire per ben due volte Kassou. 
Anche in questa occasione, tuttavia, il portiere del Marocco compì più di un miracolo e, per tutto il primo tempo riuscì a mantenere inviolata la sua porta.
Nella ripresa i sudamericani concretizzarono la mole del loro gioco e, alla fine il punteggio fu Marocco 0 Perù 3. Nonostante i tre gol subiti Ben Kassou fu il migliore in campo tra i suoi.
Nella terza (ormai ininfluente) gara contro la Bulgaria  il tecnico del Marocco, lo jugoslavo  Vidinic Blagoje,   fece esordire tra i pali il più giovane Mohamed Hazzaz. L'avventura della nazionale africana finì con un pareggio per 1-1.
Tuttavia Allal Ben Kassou giocò ancora da titolare la successiva Coppa D' Africa 1972 che di disputò in Camerun.
Alla fine della sua gloriosa carriera Ben Kassou, secondo fonti che non mi è stato possibile verificare con certezza, collezionò ben 116 presenze con la maglia della nazionale. 
Nel 2006 il suon nome figurò nella lista dei 200 calciatori africani più forti di tutti i tempi.
A conti fatti resta che Allal Ben Kassou può considerarsi una Leggenda del calcio Africano e Mondiale.





(Parate leggendarie di Allal Ben Kassou: 03/06/1970 Germania Ovest - Marocco  2 -1 )





(06/06/1970 Perù - Marocco  3-0)







lunedì 28 dicembre 2015

Jerzy Dudek e il miracolo "polacco" nella finale di Champions 2004/2005


Accadde a Istanbul  il 25 maggio 2005.
Quella notte si disputò la finale dell'edizione 2004/2005 della Champions League tra il Milan  e gli inglesi del Liverpool.
Quella partita entrò nella storia perché, dopo una prima parte di gara dominata in assoluto dal Milan e chiusasi sul 3-0,  nella ripresa la formazione inglese riuscì incredibilmente a recuperare portandosi sul 3-3 che fu poi il risultato con cui si conclusero i tempi regolamentari.
Nei tempi supplementari il Milan ebbe sui piedi del suo formidabile attaccante, l'ucraino Shevchenko, la palla per chiudere il match sul 4-3.
La palla buona per l'attaccante rossonero capitò quando il tabellone segnava il minuto 118 di gara.
A poco più di due minuti dalla fine del secondo tempo supplementare Shevchenko  colpì di testa verso la porta del Liverpool difesa dal polacco Jerzy Dudek e trovò la risposta del portiere che in tuffo deviò la palla che l'attaccante aveva indirizzato alla sua destra. Tuttavia il polacco non bloccò la palla che così ritornò verso Shevcheko che senza pensarci due volte la colpì con violenza.
Quel tiro sembrò un gol certo senonché  Dudek, ancora a terra, alzò il braccio destro e la palla andò ad impattare proprio contro il suo braccio e, con una traiettoria incredibile schizzò verso l'alto finendo la sua corsa oltre la traversa dietro la porta degli inglesi.
Fu una parata d'istinto formidabile.
Qualcuno, a proposito del fatto che Dudek fosse polacco, tirò in ballo il Papa polacco Karol Wojtyla che, morto il 2 aprile di quel 2005,  era stato in gioventù un buon portiere e forse aveva vegliato sopra la traversa del suo compatriota Jerzy donandogli quel guizzo che, di fatto, fu la salvezza del Liverpool.
Gli inglesi vinsero poi quella gara ai calci di rigore e sempre grazie ad una prodezza di Dudek che fermò l'ultimo e decisivo tiro del Milan che il destino ancora una volta affidò a Shevchenko.
Il portiere polacco fu l'eroe della notte di Istanbul ed entrò nella storia con certa benedizione del suo conterraneo  Karol.





(25/05/2005 Milan - Liverpool)


domenica 20 dicembre 2015

Franz Wohlfahrt e quell'incrocio con il Chelsea "Italiano" del 1998


La sera del 13 maggio 1998 a Solna, vicino a Stoccolma, si affrontarono per la finale della Coppa delle Coppe edizione  1997/1998  gli inglesi del Chelsea e i tedeschi dello Stoccarda.
Tra i pali delle due formazioni vi erano due portieri di assoluto valore: l'olandese Ed de Goey a difendere la porta inglese e l'austriaco Franz Wohlfahrt tra i pali dello Stoccarda.
Franz Wohlfahrt, dopo una carriera passata tra i pali dell'Austria Vienna tra il 1981 e il 1996   con 351 presenze, ben 6 scudetti e 4 coppe nazionali, e il premio come calciatore austriaco dell'anno nel 1993 passò a difendere i pali dei tedeschi dello Stoccarda proprio nella stagione 1996/1997.
Nella sua prima stagione in Germania  Wohlfahrt continuò a fare quello che aveva sempre fatto sin lì nella sua Austria: cioè vincere.
Grazie anche alle sue parate lo Stoccarda vinse la Coppa di Germania edizione 1996/1997 potendosi così  iscrivere alla Coppa delle Coppe per la stagione successiva.
Il 13 maggio in Svezia per il portiere austriaco ed i compagni dello Stoccarda ci fu l'occasione "della vita". Quella cioè di poter iscrivere il proprio nome nell'albo d'Oro di una competizione europea.
Il Chelsea edizione 1997/1998 era targato Italia: con Gianluca Vialli  manager e giocatore, Roberto Di Matteo nella mediana  e quel mago di  Gianfranco Zola  assoluto genio e mente pensante  dei Blues.
Dall'altra parte i tedeschi con Joachim Löw in panchina potevano contare oltre che sul portiere austriaco anche su gente del calibro di Giovane Elber e Fredi Bobic.
La partita fu tiratissima e Vialli sorprese tutti tenendo Zola in panchina per fare spazio al lungo norvegese Tore Andrè Flo.
Quando al venticinquesimo minuto del secondo tempo, col risultato di 0-0, Vialli si decise a mandare in campo Gianfranco Zola la partita si sbloccò.
Alla prima palla buona e con tutta la rabbia per l'esclusione sin lì patita  Zola puntò centralmente la difesa tedesca e fece partire un "missile" che  non lasciò scampo a Wohlfahrt: l'orologio segnava il 26° minuto del secondo tempo.
Non ci fu spazio per il recupero tedesco e, così, il Chelsea "italiano" vinse la Coppa delle Coppe.
Un'occasione mancata per Wohlfahrt e tutta la compagnia dello Stoccarda.
Tuttavia il portiere austriaco lasciò in Germania, con le sue 118 presenze totali in quattro stagioni,  un ottimo ricordo.
Tornato in patria ancora con l'Austria Vienna per due stagioni fino al 2002 data del ritiro prima del ritorno a qualche partita giocata da portiere-allenatore in serie minori dei campionati austriaci.
Per 59 volte Franz Wohlfahrt ha vestito la maglia di portiere titolare della nazionale austriaca e, meglio di lui, ha fatto solo una leggenda come Friedl Koncilia. 
Questo è stato Franz Wohlfahrt: uno degli Eroi del calcio Austriaco di ogni Tempo.



13-5-1998  Chelsea - Stoccarda 1 - 0 









martedì 10 novembre 2015

Quando "Toni" Schumacher mandò all'ospedale Battiston


Accadde nella notte dell'8 luglio 1982 allo stadio "Ramon Sanchez Pizjuan"  in Siviglia.
La seconda semifinale del mondiale di Spagna 1982  vedeva in campo la Germania Ovest opposta alla Francia.
L'Italia di Enzo Bearzot in quello stesso pomeriggio aveva sconfitto la Polonia qualificandosi così come prima finalista.
La gara tra tedeschi e francesi fu molto tesa.
Dopo la rete iniziale (al minuto 17)  del tedesco  Pierre Littbarski  fece seguito  appena nove minuti dopo il pareggio di "Le Roy" Michel Platini su calcio di rigore.
Nella ripresa, quando ancora l'incontro era fissato sul 1 - 1,  accadde il fattaccio.
Al minuto 56 di gara il francese Patrick Battiston, che era entrato in campo da pochi minuti,  si trovò lanciato a rete a tu per tu contro il celebre portiere tedesco Harald "Toni" Schumacher.
Il portiere tedesco,  mondialmente riconosciuto come giocatore coraggioso e temerario nelle sue uscite a "dominare" l'area di rigore, quella volta andò sopra le righe.
Con il francese lanciato a rete Toni abbandonò i pali della sua porta e si avventurò in uscita lanciandosi verso il francese.
Con grande stupore di tutti, però, il portiere tedesco non andò a bloccare il pallone che Battiston nel frattempo aveva toccato anticipandolo. La sua "scellerata" uscita finì  in un volontario e rovinoso scontro con il giocatore francese.
L'impatto fu violentissimo e Patrick Battiston restò esanime a terra.

(La sequenza dello scontro Schumacher-Battiston)

Furono momenti di autentico panico con i francesi che avevano le mani nei capelli nel vedere il loro compagno privo di sensi a terra e, pochi metri da lì, il leggendario Toni che con aria indifferente avrebbe voluto rimettere subito in gioco il pallone nel mentre sfilato a fondo campo.
Tra le proteste dell'allenatore francese Hidalgo contro il portiere tedesco il povero Battiston fu portato a bordo campo, e di qui negli spogliatoi.
Al giocatore francese, che si riprese solo dopo diversi minuti,   venne subito somministrato dell'ossigeno: per lui la diagnosi parlò di stato commotivo e perdita di ben due denti a seguito del violento scontro.
Nel frattempo, in campo, le proteste dei francesi non sortirono effetto alcuno e l'arbitro olandese Corver non si sentì nemmeno in dovere di ammonire il portiere tedesco.
Quella storica semifinale finì poi ai calci di rigore, dopo che nei tempi supplementari i tedeschi riacciuffarono la partita che sembrava persa portandosi  dall'1-3  al  3- 3.
Decisivo, nei calci di rigore, risultò manco a dirlo proprio il leggendario Toni che parò due rigori ai francesi e consegnò così ai tedeschi il posto in finale: fosse stato espulso per quell'uscita su Battiston la storia sarebbe certamente andata diversamente ...
Ma quelli erano altri tempi, era un altro Calcio ...
Sicuramente il portiere tedesco commise un'azione sconsiderata ma quello era il suo modo di intendere il calcio: l'area di rigore era il suo regno inviolabile e lì si sentiva in dovere di fare il bello e il cattivo tempo.
Toni Schumacher chiese scusa a Battiston solo qualche anno dopo quel fattaccio.




(08/07/1982  Battiston vs. Schumacher)







domenica 8 novembre 2015

Quando una zolla di San Siro tradì Francesco Antonioli


Accadde  allo Stadio Meazza in San Siro, Milano,   il 22 novembre 1992.
Nel derby della Madonnina n° 156 che si disputò in una bella giornata di sole il Milan allenato da Fabio Capello  era in vantaggio per 1 rete a 0 grazie ad una splendida realizzazione di Gianluigi Lentini assistito, in occasione del gol, da un prezioso passaggio di Marco Van Basten.
La palla calciata da Lentini finì all'incrocio dei pali senza lasciare scampo all'Uomo Ragno, Walter Zenga.
Al 69°  minuto  di gara, tuttavia, l'Inter pervenne al pareggio con una rete siglata da Gigi De Agostini.
Quella rete se la ricorderanno sicuramente tutti i tifosi milanisti, così come la ricorderà per sempre anche l'allora portiere del Milan Francesco Antonioli.
Quando De Agostini calciò verso la porta di Antonioli i tifosi allo stadio già videro quel tiro destinato a terminare docile fra le mani del portiere rossonero.
Tuttavia accadde l'imponderabile.
La palla colpita da De Agostini toccò terra davanti ad Antonioli e, a causa del terreno irregolare, il portiere rossonero mancò la presa.
La palla, sfuggita al numero 1 rossonero, toccò nuovamente terra e, ancora una zolla maledetta la fece schizzare verso la linea di porta. 
A nulla vale il vano tentativo di Antonioli di bloccarla: la sfera terminò in rete la sua corsa e l'Inter pareggiò così la partita.
A fine gara l'interista Zenga consolò l'affranto numero 1 rossonero Antonioli prendendoselo a braccetto e raggiungendo insieme a lui gli spogliatoi.
Quella per Francesco fu una giornata storta, questo è certo, ma quelle maledette zolle del terreno del Meazza furono nell'occasione determinanti.
Così andò la storia.







(22/11/1992 Milan - Inter 1 -1)


martedì 6 ottobre 2015

Giovanni Trapattoni: quando lo speciale è l'essere normale.


Giovanni Trapattoni, da Cusano Milanino, classe 1939 è uno degli ultimi "Eroi Originali" del Bel Calcio di cui vado raccontando in questo blog: uno degli ultimi "Romantici".
Ieri sera era a Seregno a presentare la sua autobiografia, dal titolo "Non dire gatto" scritta a quattro mani con il giornalista e telecronista sportivo Bruno Longhi.
Alla serata, dove moderatrice è stata la brava Eva Musci,  era presente anche lo stesso Longhi
La Sala Monsignor Gandini di Seregno era strapiena e tanta gente è dovuta restare in piedi ad assistere al dibattito  organizzato dal Comune di Seregno con la determinante partnership della libreria "Un Mondo Di Libri".
Per oltre un'ora e mezza  si è parlato della straordinaria storia umana e sportiva di Trapattoni.
Grazie anche alla precisa e puntuale assistenza di Bruno Longhi  il Trap ha raccontato in lungo e in largo tutta la sua storia partendo dall'infanzia segnata dai tragici eventi della seconda guerra mondiale.
Dalle immancabili vicende legate alla carriera di calciatore, come quando fermò Pelè, sino alla famosa conferenza stampa dei tempi del Bayern quando Strunz venne tirato in ballo più volte.
Non è mancato nulla: dai brutti ricordi del mondiale nippo-coreano 2002 quando il corrotto arbitro Moreno ci mandò a casa sino all'altra brutta storia dello spareggio "mondiale" tra l'Irlanda allenata dal Trap e la Francia che passò il turno con un gol viziato da un netto fallo di mano di Henry. 
Tutte storie amare che pesano su una carriera comunque gloriosa e piena di allori.
Ma quel peso, questo signore di 76 anni, se lo porta appresso con la classe e lo stile di chi non tanto prova rancore ma, forse, solo qualche rimpianto.
Molte sono state le domande del pubblico. 
Tante erano semplici curiosità, diverse erano sulla "tattica",  diverse invece vertevano su eventi già più volte discussi: immancabile, in tal senso,  la domanda di un ragazzo sul caso della mancata convocazione di Roby Baggio al mondiale 2002.
Alla fine della fiera la mia è stata l'ultima domanda della serata ... mi sono prenotato all'ultimo ... perché volevo chiedere una cosa che nessuno aveva ancora chiesto:
"Buona sera Mister" esordisco
"Volevo chiederle: qual'è stata la persona più "umana" tra tutte quelle che ha incontrato in tanti anni di calcio?"
Il Trap ci pensa su un po' ... (nel frattempo in sala gli suggeriscono diversi nomi) ...
Poi mi risponde.
"... mah ... Nereo Rocco è stato un po' come un padre per molti di noi ... però la persona più umana che ho incontrato si chiamava Gaetano Scirea."
E in Sala è scoppiato un sentito e doveroso applauso ... perché le vittorie restano nei libri di storia ... ma le storie delle persone restano nei nostri Cuori.
Ha continuato raccontando poi di una partita che la Juve perse per 1-0 proprio perché Scirea, da ultimo uomo, non commise scorrettezze nei confronti dell'avversario. 
Ha ricordato di averlo sgridato dopo la gara negli spogliatoi ma alla risposta di Scirea "... ma Mister ... non me la sono sentita di prenderlo per la maglia"  anche l'allenatore (Uomo vero) si è inchinato di fronte alla lealtà sportiva e umana del suo libero GentilUomo.
Tornando a casa, nella notte piovigginosa, ripensavo a quando quest'estate il portoghese Mourinho se l'era presa con la sua dottoressa Eva Carneiro perché era entrata in campo a soccorrere un giocatore infortunato andando contro (secondo lui) l'interesse della sua squadra rimasta così in inferiorità numerica.
Lo spocchioso e presuntuoso portoghese viene considerato lo "Special One":  mi viene da ridere.
Ometti  come questo, umanamente parlando,  non valgono nemmeno un oncia di un Signore come il Trap  Uomo altrettanto vincente. 
A volte quello veramente speciale è poi quello semplicemente normale ... con la sua etica e la sua semplice visione delle cose.
Viva il Trap, dunque,  e viva il Calcio quando era possibile ancora chiamarlo per nome con la C maiuscola.


(Giovanni Trapattoni e Bruno Longhi)








sabato 3 ottobre 2015

Gianluca Pagliuca e quel bacio al palo nella finale del Mondiale 1994



Accadde domenica 17 luglio 1994 allo stadio "Rose Bowl" di Los Angeles.
Nella finale del Campionato Mondiale di Calcio si affrontarono Brasile e Italia.
Fu una sfida molto equilibrata. Poco spettacolare.
E se da una parte gli azzurri del mister Arrigo Sacchi potevano contare sul miracoloso recupero del capitano Franco Baresi e del fantasista Roby Baggio, dall'altra i brasiliani schieravano una coppia d'attacco di grande prestigio formata da Bebeto e Romario.
Le due squadre si temevano molto e il tatticismo in campo prevalse sul bel gioco.
Tuttavia ci furono momenti di forte emozione.
Dopo che il primo tempo si chiuse sullo 0 - 0  al trentesimo minuto della seconda frazione di gara avvenne un episodio singolare e indimenticabile.
Dopo uno scambio con un compagno di squadra il centrocampista brasiliano Mauro Silva, appena fuori dal vertice destro dell'area di rigore azzurra, scagliò un tiro senza troppe pretese verso la porta difesa dal portiere italiano Gianluca Pagliuca.
Il portiere italiano, che si era messo in posizione per bloccare il pallone, non riuscì a trattenere la sfera che, beffarda gli scappò fuori di mano.
Furono secondi di autentico terrore.
E me li ricordo bene, lì nel cortile della casa del nostro amico Vigus, in quella piovigginosa notte di luglio.
La sfera si avvitò alle spalle di Pagliuca  e percorse un tragitto che parve infinito verso la linea di porta alla destra del nostro portiere.
Quello che accadde ebbe del miracoloso.
La palla rimbalzò per terra e andò a sbattere contro il palo salvo poi finire tra le braccia di Pagliuca che, nel frattempo, l'aveva rincorsa affannosamente.



Tutti noi tirammo un sospiro di sollievo...
Ma Gianluca Pagliuca fece anche di più.
Mandò un bacio a quel palo che, indubbiamente, fu la sua salvezza. 
Quella partita finì ai calci di rigore e vinse il Brasile.
Ma nessuno scorderà mai quel bacio del portiere italiano al palo.
Una leggenda nella notte - triste per gli azzurri - della finale Mondiale 1994.


(Pagliuca e il bacio al palo)







sabato 26 settembre 2015

Roberto Rojas e quella maledetta truffa del Maracanã


Accadde il 3 settembre 1989 allo stadio Maracanã di Rio de Janeiro.
Quella notte il Brasile padrone di casa e il Cile  si affrontarono per una gara di qualificazione al mondiale di Italia 1990.
La gara era determinante per i cileni che si sarebbero qualificati al mondiale italiano solo con la vittoria. 
Ai brasiliani, viceversa, sarebbe bastato anche un pareggio.
La gara si presentava, quindi, ad "alto rischio" vista la posta in palio ma anche la storica rivalità tra le due formazioni.
Dopo un primo tempo senza particolari emozioni che si concluse sul risultato di 0 - 0  all'inizio della ripresa il Brasile passò in vantaggio grazie ad una rete di Antonio Careca (storico bomber del Napoli).
Dopo pochi minuti dagli spalti volò in campo un petardo che esplose a diversi metri dal portiere cileno Antonio Roberto Rojas detto "El Cóndor".
Quando il fumo si fu diradato Rojas giaceva a terra con le mani al volto.
Un profonda cicatrice nella zona parietale della fronte e tanto sangue ovunque fecero temere il peggio.
Il portiere cileno subito soccorso dai compagni fu portato grondante di sangue negli spogliatoi.
I cileni, per voce del loro capitano Fernando Astengo, rifiutarono di ritornare in campo e così la gara fu sospesa. 


Ma non solo: i cileni presentarono formale esposto alla F.I.F.A. chiedendo la vittoria a tavolino.
I brasiliani, dal canto loro, dopo il grande spavento per l'incidente, iniziarono a nutrire più di un dubbio sull'incidente accorso a Rojas.
I dubbi dei brasiliani vennero dissipati in toto dalle riprese televisive che dimostrarono in maniera chiara come il petardo fosse scoppiato ad una distanza tale, dal portiere cileno, che era impossibile pensare o ipotizzare che  potesse essere stato la causa del taglio in fronte.
Roberto Rojas fu così convocato dalla F.I.F.A. a Zurigo: gli venne contestata la simulazione d'infortunio e, mentre il Brasile ebbe partita vinta a tavolino, per  "El Cóndor" la sentenza fu inappellabile: squalificato a vita. 
Vennero radiati anche diversi componenti dello staff medico della nazionale cilena per aver coperto l'infamia compiuta dal loro portiere e la  nazionale cilena venne sospesa a tempo indeterminato da qualsiasi manifestazione sportiva.
Solo nel 1990 il portiere cileno confessò di essersi ferito da solo, quella notte maledetta, utilizzando una lametta da barba che aveva appositamente nascosto all'interno dei suoi guanti in attesa del momento più propizio per mettere in scena la grande farsa.
Dall'altra parte della barricata, in questa vicenda, divenne una celebrità anche Rosenery Mello, cioè la tifosa brasiliana che lanciò in campo il famoso petardo che in patria fu ribattezzata la "Fogueteira do Maracanã".
La ragazza colse al volo  l'attimo di popolarità  e allettata da una buona proposta economica finì per posare nuda per  Playboy avendo l'onore di finire anche in copertina nel novembre del 1989. 


La vita di Rosenery Mello finì tragicamente nel 2011 quando un aneurisma celebrale ne causò la morte: aveva solo 45  anni. 
Nel frattempo, nel 2001, per Antonio Roberto Rojas arrivò la grazia concessa dalla F.I.F.A. e così "El Cóndor"  rientrò nel mondo del calcio.
Tuttavia la  sua parabola umana, così come quella della Mello, resterà per sempre segnata da quella maledetta truffa del Maracanã.



(03-09-1989 Brasile- Cile)










martedì 8 settembre 2015

La leggenda di Eurico Lara il portiere che morì dopo aver parato un calcio di rigore


Accadde il 22 settembre 1935.
Seppur seriamente debilitato da problemi cardiaci il portiere della squadra brasiliana del Gremio, Eurico Lara, decise di partecipare ugualmente alla partita decisiva del campionato di calcio della zona di Porto Alegre.
La partita vedeva di fronte Gremio e Internacional.
Lara, alto quasi  2 metri,   era  titolare indiscusso della maglia di portiere del Gremio già dal 1920 ed era una autentica Leggenda per i suoi tifosi che così lo acclamarono quando lo videro scendere in campo (anche contro il parere dei medici).
Quella sarebbe stata l'ultima partita della sua vita: e questo è un dato storicamente acquisito.
La leggenda vuole che proprio durante quella partita il portiere trovò la morte  a causa di un calcio di rigore che lo stesso Lara riuscì a parare ma che, di fatto, per la sua dirompente forza ne causò il decesso ... e, leggenda nella leggenda, a calciare quel rigore fu proprio un fratello dello stesso Eurico.
In un'altra versione più verosimile, invece, Eurico Lara giocò con tutte le energie che ebbe in corpo solo il primo tempo di quella partita.
Durante l'intervallo le sue condizioni di salute precipitarono e il portiere venne così ricoverato d'urgenza in ospedale. 
Dall'ospedale non uscì più e morì il 6 novembre di quel 1935.
Comunque sia veramente andata, quel 22 settembre del 1935, Eurico Lara giocò la sua ultima partita con la maglia del Gremio e quel giorno i suoi sforzi non furono vani perché il Gremio vinse la gara per 2-0 e quelle sue ultime parate lo portarono dentro la Leggenda. 
Per sempre.






(La Leggenda di Eurico Lara)




giovedì 27 agosto 2015

Andoni Zubizarreta e i suoi guanti Reusch a Mexico 1986


Quando si trattò di sostituire, come portiere della nazionale di Spagna, una leggenda vivente  come Luis Arconada la scelta ricadde sul giovane portiere dell'Atletico Bilbao Andoni Zubizarreta Urreta.
Andoni "Zubi" Zubizarreta, portiere di origine basca, arrivò al primo appuntamento importante della sua carriera, il Mondiale di Calcio di Mexico 1986, con alle spalle già due titoli di Spagna vinti con l'Atletico nel 1982/1983 e 1983/1984 una Coppa di Spagna vinta sempre nel 1983/1984 e una Supercoppa di Spagna vinta nel 1984.
Nel Mondiale Messicano lui era uno dei portieri che vestiva i guanti della Reusch. 
Così come quelli del "mio" Pfaff che erano griffati con P sul dorso della mano, anche quelli di Zubizarreta erano perfettamente riconoscibili.
I suoi guanti avevano, infatti, la  Z  ben visibile sul dorso della mano. Quella Z, un po' come quella di Zorro, fu il segnale distintivo di questo Eroe Basco tra i pali della nazionale di Spagna.
Il mondiale messicano fu il suo primo vero banco di prova e, occorre dire, Zubizarreta lo passò alla grande. 
E' vero che la Spagna venne eliminata nei quarti di finale (ai calci di rigore) dal Belgio, tuttavia, proprio il portiere spagnolo si dimostrò particolarmente affidabile.
Tanto che, proprio nell'estate del 1986, lo acquistò il Barcellona.
E lì la sua gloria calcistica venne ulteriormente arricchita di titoli, certo, ma anche di quella solida reputazione che è propria dei Campioni Veri, cioè Uomini Veri che fanno della gloria sportiva lo specchio della loro anima.
Zubizarreta fu titolare della maglia numero 1 della nazionale spagnola anche nei campionati Mondiali di Calcio del  1990, 1994 e 1998 collezionando, infine ben 126 presenze e meglio di lui ha fatto solo il nostro contemporaneo Iker Casillas, mentre dietro di lui altri due "Baschi" come Arconada e Iribar si fermarono rispettivamente a 68 e 49  presenze.
Insomma, quell'Eroe con la Z sui suoi guanti, che è tra i miei ricordi di adolescenza è stato un Grande del Calcio ... e questo non lo dico io ... ma l'ha decretato la Storia.


(Andoni Zubizarreta)




martedì 25 agosto 2015

Jens Lehmann l'Uomo - un po' matto - di Essen



Quando, nell'estate del 1998, il portiere tedesco Jens Gerhard Lehmann approdò al Milan lo storico commentatore televisivo (nonché sfegatato tifoso rossonero) Carlo Pellegatti gli affibbiò il soprannome di "Uomo di Essen". 
Lehmann, nato proprio ad Essen il 10/11/1969, era reduce dalla vittoriosa campagna in Coppa Uefa della primavera 1997 quando tra i pali del "suo"  Schalke 04 fu determinante nel piegare in finale l'altra squadra di Milano, l'Inter.
Forse proprio per questa vittoria ai danni dei cugini interisti, in casa Milan si decise di puntare forte su di lui in vista della eventuale sostituzione di Sebastiano "Seba" Rossi tra i pali rossoneri.
Oltre alla vittoria in Uefa il curriculum di Lehmann poteva vantare anche il primato (sempre raggiunto in quella primavera 1997) di essere stato il primo portiere tedesco a realizzare un gol su azione: accadde nella sfida contro il Borussia Dortmund che proprio la rete di Jens fissò sul risultato di 2-2.
L'avventura in rossonero di Lehmann durò lo spazio di cinque partite. Dopodiché il tedesco finì tritato e sconfitto nel "trialismo" con Sebastiano Rossi e Christian Abbiati che gli tolsero  in breve il posto da titolare.
Ritornato in Germania per sostituire il veterano Stefan Klos tra i pali proprio del Borussia Dortmund (a cui segnò quel gol di cui abbiamo accennato sopra) Lehmann disputò 129 gare con i gialloneri vincendo anche una Bundesliga nella stagione 2001/2002 finché nell'estate 2003 si trasferì in Inghilterra per vestire la maglia dell'Arsenal ed anche qui, come a Dortmund, si trattò di sostituire tra i pali dei Gunners una leggenda come David Seaman.
Ma il tedesco si rivelò all'altezza del compito e al primo tentativo Lehmann vinse la Premier League in una cavalcata storica che in 38 gare non lo vide mai uscire sconfitto dal campo. 
Coi Gunners Lehmann vinse anche la Coppa d'Inghilterra nella stagione 2004/2005 e la Community Shield 2004 e stabilì, inoltre,  il record di imbattibilità per un portiere in Champions League mantenendo inviolata la propria porta per ben 853 minuti tra le edizioni 2004/2005 e 2006/2007 (da marzo 2005 a settembre 2006).
Nell'estate del 2008 fece rientro in Germania, questa volta a difendere i pali dello Stoccarda.
Decise poi di ritirarsi nel maggio 2010 salvo poi rimettere i guantoni venendo in aiuto al tecnico Wenger che si ritrovò nel suo Arsenal con un solo portiere valido in rosa all'inizio del 2011. Così Lehmann giocò la sua duecentesima e ultima partita con l'Arsenal il 10 aprile 2011. Quella fu anche l'ultima partita della sua carriera che finì in quella primavera del 2011.
Nella sua carriera Lehmann collezionò anche 61 presenze a difesa dei pali della nazionale tedesca. Chiuso prima da Andy Kopke e successivamente da Oliver Kahn  Lehmann si ritagliò uno spazio di gloria quando, nel mondiale di Calcio  che si disputò proprio in Germania nel 2006, il tecnico Klinsmann lo lanciò titolare al posto del "leggendario" Kahn.
L'avventura tedesca finì in semifinale per mano dell'Italia di Buffon e Lippi tuttavia Lehmann visse il suo momento di gloria quando il 30 giugno 2006 nella sfida dei quarti di finale contro l'Argentina  che terminò con la sfida finale dagli undici metri. Lehmann sventò i calci di rigore di Cambiasso e Ayala: in quell'occasione Jens aveva nei parastinchi un foglietto dove aveva annotato le preferenze dei tiratori argentini e così consultandolo prima di ogni tiro avversario portò i suoi in semifinale.
In mezzo a tutto questo il  portiere tedesco non si fece mai mancare "mattane" da Oscar come quando, nel 2009,  lasciò la porta durante una gara di Champions League  per andare ad espletare un impellente bisogno fisiologico dietro i tabelloni pubblicitari o, ancora come quando litigò platealmente con Drogba (in un Arsenal - Chelsea) con quella serie di spinte e tuffi plateali che in Inghilterra passò come una nuova versione di "Stanlio & Ollio".
Tutto questo è stato Jens Gerhard Lehmann o, come diceva Pellegatti, l'Uomo di Essen ... un po' matto - aggiungo io -.


(L'Uomo - un po' matto - di Essen)






(Lehmann & i suoi appunti)




(Le "mattane"... Lehmann vs Drogba)




lunedì 24 agosto 2015

David Seaman un Eroe tra i pali dei Gunners


Con le sue 546 presenze tra i pali dell'Arsenal David Andrew Seaman è il portiere più amato dai supporters nella storia del leggendario Club inglese.
Nel 2008 un sondaggio tra i tifosi lo vide classificarsi infatti  in settima posizione tra i 50 migliori calciatori che hanno mai vestito la maglia dei Gunners primo in assoluto tra i portieri: una leggenda nella leggenda.
Portiere con un innato senso della posizione e dotato di un fisico elastico ed esplosivo David Seaman è anche nel ristretto club dei calciatori che hanno collezionato più di 1.000 presenze in gare ufficiali.
Per ben 75 volte titolare della maglia numero 1 della nazionale inglese in un lasso di tempo che va dal 1988 al 2002, Seaman  è secondo solo ad un'altra leggenda come Peter Shilton per numero di presenze in nazionale. Con la maglia di titolare della nazionale Seaman prese parte ai mondiali di Francia 1998 e Giappone/Corea del 2002 e alle edizioni 1996 e 2000 dei Campionati Europei.


Con l'Arsenal Seaman vinse tre volte il campionato inglese (1991/1998/2002) quattro volte la FA CUP (1993/1998/2002/2003), una coppa di Lega nel 1993 e una Coppa delle Coppe nel 1994.
Negli occhi dei tifosi dei Gunners, che l'hanno amato e ancora lo ricordano come il più grande portiere che abbia mai vestito la maglia della loro squadra del cuore, rimarrà per sempre impressa la straordinaria parata che Seaman effettuò nella gara di semifinale di FA Cup del 2003 contro lo Sheffield Utd. allorché il nostro, con un colpo di reni straordinario, tirò fuori dalla porta un colpo di testa dell'attaccante avversario Paul Peschisolido. Una parata straordinaria.
Unica macchia in una carriera straordinaria fu un determinante errore di posizione nella rete a tempo scaduto che lo spagnolo Naym segnò a Seaman nella finale di Coppa delle Coppe del 10 maggio 1995 quando al Parco dei Principi di Parigi il Real Zaragoza sconfisse i Gunners per 2 reti a 1.
Ma, al di là di quell'incidente di percorso, Seaman regalò ai suoi tifosi interventi sempre precisi e sicuri tanto che fu soprannominato "Safe Hands". 
David Seaman: un Eroe tra i pali dei Gunners, una leggenda del Calcio Mondiale. 






(David Seaman: Hero)

Fabien Barthez e il bacio portafortuna di Laurent Blanc nel mondiale 1998


Fu il rituale scaramantico che accompagnò la Francia alla vittoria del suo primo titolo mondiale nel 1998.
Prima dell'inizio della gara il libero della formazione francese Laurent Blanc baciava  la testa pelata del suo portiere, Fabien Barthez, e così la Francia, partita dopo partita, puntualmente avanzò fino ad arrivare in finale. 
Tuttavia, proprio in occasione della semifinale contro la Croazia del 8 luglio 1998 il libero francese venne espulso per un fallo di reazione e così il 12 luglio quando si giocò la finale contro il Brasile il rito propiziatorio del bacio non poté consumarsi giacché Laurent Blanc venne squalificato.
Nonostante il mancato rituale del bacio la formazione dei galletti francesi schiantò i brasiliani per 3-0 e con sole 2 reti al passivo in tutto il torneo, si confermò la squadra migliore al mondo.

(Scontro tra Barthez e Ronaldo nella finale mondiale 1998)


Così, nell'immaginario collettivo, quel bacio di Blanc sulla testa pelata di Barthez ha consacrato alla gloria eterna del calcio entrambi questi due giocatori.
Eppure io  quel Fabien Barthez imparai a conoscerlo bene molto tempo prima...  
Prima della pelata, quando ancora aveva tutti i suoi capelli e, con successo, difendeva la porta dell'Olympique Marsiglia.
Come dimenticare, per noi rossoneri, la triste finale di Champions League 1992/1993 che si disputò il 26 maggio 1993  tra il Milan e il Marsiglia ?
Tra i pali dei francesi c'era lui: Fabien Barthez. Ma allora non esibiva ancora la pelata che di lì ad un quinquennio divenne celebre in ogni angolo del mondo.
Fabien Barthez, così come lo conobbi allora, sulle pagine di France Football era così:




In quel mondiale di Francia 1998 Barthez guadagnò la maglia di titolare della porta francese al posto di Bernard Lama portiere che, a parere di chi scrive, non era certo di valore inferiore.
La gloria calcistica arrise ancora a Barthez nel Campionato Europeo di calcio del 2000 quando la Francia sconfisse in finale con il rocambolesco "golden goal" la nostra Italia.
La rivincita, e che rivincita, sarebbe arrivata nel mondiale tedesco del 2006: in quell'occasione lì. dopo aver  visto Barthez vincere la Champions contro il mio Milan e l'Europeo contro l'Italia la lotteria dei rigori consegnò a noi azzurri la Coppa del Mondo di Calcio.
Quella sera del 9 luglio 2006 a Berlino gli dei del calcio non guardarono "in testa"  il portiere francese e così, pelata o non pelata, la storia di gloria calcistica di Barthez finì in quella notte lì.



(Fabien Barthez e il Mondiale 1998)









domenica 19 luglio 2015

Ole Qvist e la Danimarca semifinalista ed Euro 1984


Nella fase finale del  Campionato Europeo per nazioni che si disputò in Francia nel giugno del  1984, quindi molto prima che i pali della nazionale danese fossero "blindati" dal Leggendario Peter Schemichel, a difendere i pali dei danesi era Ole Qvist.
Questo portiere, che giocava nel KB di Copenhagen, fu uno dei grandi protagonisti della cavalcata danese in quell'Europeo e, me lo ricordo bene, fu uno dei migliori portieri di quella competizione.
Sorteggiata nel gruppo 1 insieme alla Francia (padrona di casa) e a Jugoslavia e Belgio la formazione danese compì un miracolo qualificandosi per le semifinali.
Dopo la sconfitta patita ad opera dei francesi nella gara inaugurale del torneo per 1-0 i danesi sconfissero con un sonoro 5-0 la Jugoslavia ed arrivarono così allo scontro decisivo contro il Belgio del "mio" Pfaff sulle ali dell'entusiasmo.
Al contrario il Belgio, vittorioso nella prima gara contro la Jugoslavia per 2-0, arrivò alla sfida decisiva con i danesi dopo aver subito un secco 5-0 dai galletti francesi.
La gara tra Danimarca e Belgio si giocò il 19 giugno 1984 a Starsburgo e tra Pfaff e Qvist, due portieri uniti dal nome onomatopeico, la spuntò il più anziano Ole.
La Danimarca vinse per 3-2 e si qualificò così per le semifinali.
La sera del 24 giugno 1984, a Lione, la semifinale tra Spagna e Danimarca fu una sfida epica.
Ancora la ricordo.
Dopo il gol lampo di Lerby che al 7° minuto portò in vantaggio i danesi gli spagnoli presero d'assalto la porta di Qvist che però oppose una strenua resistenza.
Solo al 67° minuto gli spagnoli riuscirono a pareggiare con Maceda.
Così la sfida andò al prolungamento dei tempi supplementari.
E dopo che anche quelli lasciarono invariato il risultato sul 1-1 furono i calci di rigore a decidere chi delle due contendenti avrebbe affrontato la Francia che il giorno prima, a Marsiglia, aveva piegato il Portogallo per 3-2 ai tempi supplementari al termine di un'altra partita "storica".
Dal dischetto sbaglio per primo Laudrup che si vide respingere il rigore dal Leggendario Arconada: ma l'arbitro sentenziò che il portiere spagnolo si era mosso prima del tempo e fece quindi ribattere il rigore che, stavolta, Laudrup realizzò.
Segnarono tutti il loro rigore sinché al quinto tentativo per i danesi Elkjaer-Larsen calciò sopra la traversa di Arconada: lo spagnolo Sarabia segnò il suo rigore e consegnò così la finale alla Spagna.
La Danimarca si sarebbe rifatta nel 1992 ma quella lì è un'altra storia.
Di quella squadra del 1984 ricorderò sempre Qvist ... un signor portiere. Uno degli Originali.


24/6/1984 Danimarca - Spagna 5-6 dopo calci di rigore





sabato 11 luglio 2015

Quando Lev Jascin parò un rigore a Sandro Mazzola



Accadde allo Stadio Olimpico di Roma il 10 novembre 1963.
L'Italia del neo C.t. Edmondo Fabbri affrontò nella gara di ritorno valida per gli ottavi di finale del Campionato Europeo per Nazioni  la Russia del formidabile portiere Lev Jascin detentrice del trofeo.
La gara di andata,  che si disputò a Mosca il 13 ottobre 1963, venne vinta dai russi per 2 reti a 0 nonostante quel giorno allo stadio Lenin i russi giocarono senza il loro portiere titolare: Lev Jascin venne sostituito, nell'occasione, da Ramaz Urushadze.
In virtù del risultato di Mosca nella gara di ritorno la formazione azzurra era chiamata a compiere una autentica impresa per potersi guadagnare la qualificazione.
Tra i pali azzurri giocò a Mosca il portiere William Negri del Bologna mentre a Roma il C.t. italiano Fabbri schierò l'interista Giuliano Sarti.
Al minuto 32 nel corso del primo tempo i russi passarono in vantaggio con una rete di Gusarov.
La nazionale italiana, pur essendo la qualificazione ormai irrimediabilmente compromessa, iniziò allora a prendere d'assedio l'area di rigore della Russia.
L'occasione più ghiotta capitò allorquando l'arbitro dell'incontro, lo svizzero Mellet, concesse all'Italia un calcio di rigore per un netto fallo in area russa.
Dal dischetto degli 11 metri si presentò l'interista  Sandro Mazzola che  era, quel giorno,  alla sua terza presenza azzurra.
Mazzola calciò alla sua destra ma, nel medesimo istante, l'ombra del Ragno Nero coprì tutta la porta. Il  Leggendario Lev Jascin si rialzò da terra con il pallone stretto saldamente tra le sue mani.
L'incredulo Mazzola ancora lo guardava come fosse un marziano.
Al minuto 89 l'"abatino" azzurro Gianni Rivera  si tolse la soddisfazione di battere con un preciso diagonale Jascin regalando così la rete del pareggio all'Italia.
La partita finì così con un pareggio e i 73.000 spettatori sugli spalti dell'Olimpico videro manifestarsi da vicino e con i loro occhi tutta la Grandezza della Leggenda del Ragno Nero: indimenticabile Lev Jascin. Eroe del Calcio Mondiale.



(Roma 10/11/1963 Italia - Urss  1 - 1)

Fotaq "Foto" Strakosha lo "Zoff d'Albania"


Foto Strakosha, classe 1965,  è stato il più forte portiere della storia calcistica dell'Albania.
Con le sue 73 presenze  tra i pali della nazionale Strakosha è il portiere che, nella storia calcistica del suo paese, vanta il maggior numero di presenze.
Strakosha tra il 1990 e il 2005 collezionò queste 73 presenze pur non arrivando mai a disputare alcuna fase finale  né dei Mondiali di Calcio e nemmeno dei Campionati Europei di Calcio.
Portiere forte fisicamente, dotato di buon senso della posizione e agile e plastico come un gatto nei suoi interventi Fotaq Strakosha debuttò tra i pali della nazionale albanese nel maggio 1990 in una gara valida per le qualificazioni alla fase finale del Campionatto Europeo 1992 contro l'Islanda. Il debutto non fu dei più fortunati dato che l'Albania venne sconfitta per 2-0 e Strakosha perse il posto da titolare a vantaggio del più giovane collega Blendi Nallbani  il quale tuttavia non brillò particolarmente andando a prendere 5 reti in Francia nella primavera del 1991.
Strakosha ritornò così  tra i pali della nazionale nel settembre del 1991 in una gara amichevole vinta contro la Grecia per 2-0 e da lì in poi, sino al 2005 il titolare indiscusso della maglia numero 1 fu lui.
La sua ultima partita  a difesa della porta nazionale la disputò nel febbraio del 2005 e quella sua ultima gara contro l'Ucraina terminò con una sconfitta per 0-2.
A livello di club Strakosha giocò in Albania prima nel Minatori Tepelene, quindi nella Dinamo Tirana salvo poi passare, quando il regime comunista cadde anche in Albania,  nella vicina Grecia dove vestì le maglie di diverse formazioni tra cui  Giannina, Asteras, Panionios e Olympiacos.
Fotaq  "Foto" Strakosha si ritirò dal calcio giocato nel 2005 per intraprendere la carriera di allenatore.
Il figlio, Thomas Strakosha, è pronto a seguire le orme del celebre genitore e, dopo essere stato terzo portiere nella Lazio durante la stagione 2014/2015 è da pochi giorni approdato alla Salernitana.
Per lui sarà dura superare il padre.
Fotaq "Foto" Strakosha, una leggenda tra i pali delle "Aquile": lo "Zoff d'Albania".




(Strakosha portiere e ... ballerino)

venerdì 10 luglio 2015

Jim Leighton l'unico e autentico Braveheart


Al Campionato Mondiale di Francia 1998 ricordo che  il portiere  della nazionale scozzese Jim Leighton si presentò tra i pali senza i denti incisivi superiori e con uno spesso strato di vaselina a ricoprire le sopracciglia.
Un "look" assolutamente inusuale per un calciatore professionista.
Ma James "Jim" Leighton, di fatto, è stato un portiere fuori dal comune.
Titolare della maglia numero 1 della nazionale di Scozia in ben tre edizioni del mondiale di Calcio (1986,1990,1994) partecipò come terzo portiere,  senza mai scendere in campo, anche al mondiale di Spagna 1982.
Più somigliante ad un giocatore di rugby che non ad un giocatore di calcio Leighton incarnò nel pieno senso del termine la figura del "Braveheart" scozzese.
Spericolato nelle uscite, deciso e risoluto in ogni occasione, il nostro, si immolò totalmente alla causa che è propria dei numeri 1 e quei denti  incisivi che gli mancavano ai tempi di Francia 1998 erano il biglietto da visita di un "temerario".
Titolare inamovibile della formazione scozzese dell'Aberdeen per dieci stagioni dal 1978 al 1988 nella stagione 1982/1983 Leighton & Company (all'epoca allenati da Sir Alex Ferguson)  salirono agli onori della cronaca per la storica vittoria nella Coppa delle Coppe.
Quindi Leighton seguì Ferguson a Manchester, sponda United, nel 1988. Dopo tre stagioni in maglia United passò (senza fortuna) all'Arsenal prima di far ritorno, nella stagione 1992/1993 in Scozia a difendere i pali del Dundee United.
Quindi l'anno successivo passo a vestire la maglia dell'Hibernian dove rimase titolare fino al 1997.
Chiuse la carriera con le ultime tre stagioni passate lì, all'Aberdeen, dove tutto era cominciato.
Ritornando alle avventure mondiali di Leighton il nostro vestì la maglia da titolare nel mondiale di Mexico 1986 nelle tre sfide perse contro Danimarca (sconfitta per 0-1) Germania Ovest (sconfitta per 2-1) e nell'inutile pareggio finale con l'Uruguay (0-0).
Nel mondiale italiano del 1990 Leighton era tra i pali scozzesi nella gara persa contro il Costarica (0-1), nella vittoria con la Svezia (2-1) e nella sconfitta che costò l'eliminazione alla Scozia patita per opera del Brasile che trovò il gol della vittoria solo al minuto 82 con una prodezza di Muller.
La mancata qualificazione della Scozia al mondiale di Usa 1994 rinviò la settima presenza "mondiale" di Leighton  a quattro anni dopo.
Il 10 giugno 1998 allo stadio Saint-Denis di Francia la storia mondiale per Leighton e la sua Scozia ripartì dal Brasile. Anche questa volta la spuntarono i brasiliani per 2 reti a 1.
Quindi seguì il pareggio per 1-1 contro la Norvegia.
La nona e ultima presenza "mondiale" di Leighton ebbe l'amaro sapore della sconfitta patita per mano del Marocco che piegò la Scozia per 3-0.
Le 91 presenze collezionate con la maglia della nazionale scozzese in quei sedici anni tra il 1982 e il 1998 lo collocano al primo posto tra i portieri. Più presenze del "nostro" con la maglia nazionale le può vantare solo un signore di nome Kenny Dalglish.
Onore, sempre, a James "Jim" Leighton. Un Eroe del suo tempo, Un vero "Braveheart".



(Jim Leighton in action)