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giovedì 26 febbraio 2015

Jean-Marie Pfaff e quell'autorete al debutto in Bundesliga


Accadde a Brema il 21 agosto 1982.
Nella prima giornata del Campionato di Calcio della Germania Ovest, la Bundesliga, Stagione 1982/1983  si affrontarono i padroni di casa del Werder Brema e il Bayern Monaco.
Tra i pali della formazione bavarese esordì in quella gara il portiere belga Jean-Marie Pfaff.
Reduce dai successi in patria tra i pali del Beveren il numero 1 belga  approdò in quel di Monaco di Baviera forte delle ottime prestazioni sfoderate al Mondiale di Calcio di Spagna 1982.
In quell'edizione del mondiale Pfaff, già all'esordio,  risultò determinante nella sorprendente vittoria del Belgio contro l'Argentina Campione del Mondo in carica.
Quel pomeriggio a Brema, tuttavia, le cose non andarono proprio come Pfaff avrebbe sperato.
Infatti, a pochi minuti dalla fine del primo tempo, il giocatore del Werder Brema Uwe Reinders effettuò una lunga rimessa laterale direzionando la sfera nel cuore dell'area di rigore del Bayern.
La palla superò tutti gli attaccanti del Werder  e tutti  i difensori del Bayern e, quando il portiere belga alzò le mani per prenderla, realizzò di aver completamente sbagliato la valutazione della traiettoria e quello che venne fuori fu un pasticcio incredibile: infatti la palla schiaffeggiata in malo modo da Jean-Marie finì proprio in fondo alla rete della sua porta per quella che, ancora oggi, viene ricordata come una delle autoreti più pazzesche che si siano mai viste in Bundesliga.
Quel pomeriggio l'autorete di Pfaff determinò la sconfitta dei bavaresi.
Indubbiamente non fu un esordio di quelli banali: il pomeriggio di Brema fu un incubo per Pfaff e per i tifosi del Bayern.
Ma il tempo, che notoriamente è galantuomo, avrebbe di lì in poi dato ragione al portierone belga.
Poche partite e Pfaff diventò un beniamino dei tifosi del Bayern e, ancora oggi, è una leggenda in Baviera.




sabato 21 febbraio 2015

Io, Sergio Goycochea, Walter Zenga e la Rimpatriata 25 anni dopo il Diploma

(Sergio Goycochea)


(Da "Il Giornale di Cantù" sabato 14 febbraio 2015)



La “Rimpatriata”  dei  compagni delle superiori dello scorso 6 febbraio,  25 anni dopo il diploma di maturità conseguito nel 1990, è stato un evento.
Maledetta l’influenza che mi ha “tagliato” fuori dalla serata … Come Maledetto fu ROSSO MALPELO venticinque anni or sono.
La “reunion”  è stata  celebrata anche da un articolo apparso sul settimanale locale “IL GIORNALE DI CANTU’” nel numero uscito in edicola sabato 14 febbraio.
Proprio l’incipit dell’articolo, apparso a firma Marco Colasanto, mi ha teletrasportato indietro di 25 anni.
La macchina del tempo si è fermata alla sera di martedì 3 luglio 1990.
Non una sera “qualunque”.
La mattina seguente, quella di mercoledì 4 luglio 1990, avrei sostenuto l’esame orale della maturità: l’esame finale. Quello che, dopo 13 anni, metteva la parola fine al mio ciclo di studi iniziato nella stagione  1977/1978.
Ma quella sera lì, del 3 luglio 1990, fu anche la sera della semifinale del mondiale di calcio che si disputò in Italia.  E proprio Colasanto, nel suo articolo, cita quelle notti magiche. Le notti di Totò Schillaci e di una nazionale di calcio italiana bella da veder giocare come poche altre prima (e dopo).
Una nazionale che, partendo dalle mani del portiere,  l’interista Walter Zenga (l’originale “Uomo Ragno”) e passando poi per illustri piedi quali quelli di RobyBaggio e  Gianluca Vialli (per citarne due) fece sognare l’Italia intera in quell’inizio dell’estate 1990.
Quindi quella sera lì la ricordo bene. E chi se la dimentica ?
Passai quei 120 minuti più rigori -  seguenti - incollato al televisore in cucina con davanti a me il testo della mia “tesina” da mandare bene a mente per il giorno dopo.
L’”Uomo Ragno” Zenga si presentava alla semifinale mondiale ancora imbattuto. Ancora nessuno era riuscito a segnargli una rete durante quella fase del campionato del mondo. E già questo era un fatto che, di per sé, sarebbe passato alla storia.
Pronti, via,  e dopo il vantaggio iniziale degli azzurri al minuto 17 per merito del “solito” Totò Schillaci, l’argentino Caniggia procurò il primo dispiacere del mondiale a Zenga siglando la rete del pareggio al minuto 67.
(Claudio Caniggia   vs   Walter "Uomo Ragno" Zenga)


Quella rete fermò il cronometro del record di Zenga a ben 517 minuti. Un record che, tuttora, nella fase finale di un campionato del mondo è  rimasto ineguagliato: il “nostro” portiere, quella notte lì,  entrò nella storia a prescindere dall'esito finale della gara.
Dall’altra parte, tra le fila dell’Argentina dell’immenso Diego Armando Maradona, (detentrice della Coppa del Mondo dopo la vittoria in Messico nel 1986) l’eroe di quella notte del 3 luglio sarebbe stato il portiere Sergio Goycochea.
E qui ancora si mischiano i ricordi di quei tempi di scuola …
Sì, perché, il portiere titolare dell’Argentina a Italia '90 era Nery Alberto Pumpido. C’era lui tra i pali nella vittoriosa cavalcata di Mexico ’86.
La sera di mercoledì 13 giugno 1990 insieme con i compagni di classe e qualche professore andammo al ristorante-pizzeria “Plinio”  di Arosio per la “pizzata” di fine anno.
E fu proprio da un monitor  lì nel locale che osservai  le immagini della gara del mondiale in programma quella sera: Argentina – URSS.
Nel corso della partita il portiere argentino Pumpido, dopo uno scontro con un compagno di squadra,  si fratturò una gamba ed il suo mondiale italiano finì quella sera lì. Come sostituto entrò, con la maglia  numero 12, Sergio Goycochea.
Che fosse un predestinato lo si iniziò ad intuire  chiaramente quando, nel corso della gara dei quarti di finale contro la Jugoslavia, Goycochea parò due rigori ai giocatori slavi  e traghettò la sua Argentina in quella semifinale del 3 luglio.
Sergio Goycochea,  e la sua maglia con il numero 12 sulle spalle divennero, in quella notte del 3 luglio 1990, l’incubo dell’Italia intera.
Dal dischetto del calcio di rigore si videro respingere i loro tiri a rete  il “mio” Roberto Donadoni e poi il bomber Aldo Serena.
Goycochea fu  l’”Hombre del Partido”. L’eroe assoluto dell’Argentina intera.
La corsa del portiere argentino per andare ad abbracciare i compagni di squadra nel cerchio di centrocampo resterà indelebile nei ricordi “amari” del calcio azzurro.
Ora, quando alla vigilia di un esame si incappa in una serata negativa “storica” di questo tipo, c’è poco da fare…  come non interpretarlo come un chiaro e preveggente segnale di sventura ?
La mattina dopo, davanti alla commissione d’esame, si chiuse la mia carriera di studente. 
Come si chiuse ? 
Ricapitolando il cammino, sin lì, potrei sintetizzare così: dopo i cinque anni  alle elementari e i tre alle medie senza grossi problemi nell'anno scolastico 1985/1986 il primo all'Istituto Tecnico Monnet presi subito una bella legnata: rimandato a settembre in tre materie (matematica, tedesco, stenografia)…

(Anno scolastico 1985/1986)


E addio estate spensierata: mica un'estate qualsiasi ... quella fu santificata dal mondiale di Mexico 1986 del Belgio miracoloso del mio Pfaff e delle magie del "Pibe de Oro" Maradona. Un'estate che passai tra ripetizioni, libri di scuola e calcio mondiale.
In settembre recuperai  in tutte e tre le materie e poi, dopo aver capito come funzionava lì al Tecnico Jean-Monnet di Mariano Comense, il percorso si fece più lineare .


(Anno scolastico 1987/1988)


Tornando alla mattina del 4 luglio 1990:  dopo aver raccontato per bene  la mia tesina alla commissione, alla prima domanda di letteratura italiana che mi venne rivolta  incappai nell'argomento “non trattato” durante l'anno scolastico. 
Ancora me lo ricordo: commento della novella di Verga “ROSSO MALPELO”. Scena muta. Poi non ricordo nulla, se non che avevo finalmente finito.
La valutazione finale di 46/60 la accolsi a braccia aperte esattamente come l'acrobata caduto in volo plana dolcemente nella rete di salvataggio.
La  "Teoria del Circo della Vita”  (mutuata in parte dallo Zio Fiesta)  vede avvicendarsi come in una ruota tre personaggi fondamentali: il nano, il pagliaccio e l’acrobata.
Per qualche tempo, all'inizio del percorso  al Monnet, fui sostanzialmente il nano. Poi, anche per evitare altre estati da passare  a studiare e altri  conseguenti esborsi economici per le ripetizioni, diventai un poco acrobata... giusto quanto bastava per campare. A memoria, in quei tempi,  raramente fui pagliaccio.
Evidentemente  scelsi il giorno sbagliato per ritornare nano. Ma la ruota della vita è così.
Leggendo il giornale nel pomeriggio di quel  4 luglio appresi che veniva mosso qualche appunto al nostro “Uomo Ragno”  Walter Zenga per l’uscita in occasione del gol del pareggio argentino di Caniggia mentre era  - giustamente – osannato l’arquero argentino Goycochea.
Ovviamente  passai sopra a questi malevoli pensieri. Anche l'acrobata, talvolta, sbaglia. 
A mio parere la frase migliore che la stampa italiana attribuì a quella semifinale mondiale venne stampata nero su bianco sulle pagine de LA REPUBBLICA. Vi era scritto, al termine della cronaca della partita:

(…) La fortuna non spreca i suoi favori: per solito li concede a chi li merita.”

Firmato: Gianni Brera.


E così passò anche l'estate della semifinale mondiale del 1990, passò l'estate dell’esame di maturità e passò via un pezzo di vita.
Rivedere sul giornale la foto di gruppo di quell'ultimo anno scolastico al Jean-Monnet e poco sotto la foto della "Rimpatriata 2015" (anche se io non c'ero)   è stato emozionante come è sempre emozionante per  l'acrobata fare un volo nel vuoto ... nell'eternità ... nel tempo.


(Anno scolastico 1989/1990 ... anno del Diploma)



P.S. 1 IL TORNEO SCOLASTICO DI CALCETTO 1989/1990
In quell'ultimo anno scolastico 1989/1990 con i compagni di avventura arrivammo in finale nel torneo di calcetto organizzato dalla scuola.
Ma quella  lì  è un'altra storia che prima o poi  merita di essere raccontata in  questo blog.

P.S. 2  NUMEROLOGIA DELLA VICENDA.
Non posso lasciar passare le  curiose circostanze che la numerologia ha evidenziato negli accadimenti di quei giorni dell’estate  1990.
Protagonisti in carne e ossa in ordine di apparizione sono, oltre a chi scrive,   Pumpido Nery Alberto, Zenga Walter,  Serena Aldo, Caniggia Claudio, Donadoni Roberto,  Verga Giovanni e … quel maledetto ROSSO MALPELO.
La somma teosofica  della mia data di nascita (6+5+1+9+7+1 =2+9=  11)  la ritrovo nella somma della data della gara (3+7+1+9+9+0= 2+9=11),  nella somma del giorno della data dell’infortunio di Pumpido (1+3+6+1+9+9+0 = 2+9=11), nella data di nascita di Serena che sbagliò il rigore (2+5+6+1+9+6+0=2+9= 11) addirittura moltiplicata per 3 nella data di nascita di Caniggia (9+1+1+9+6+7= 33  = 11x 3 oppure 6 che, vedremo dopo è pure numero ricorrente) e nel minuto dell’infortunio di Pumpido che accadde proprio all’11mo minuto  del primo tempo della gara Argentina – URSS.
Ricorrente anche il 17: numero di maglia di Donadoni che sbagliò il primo rigore per l’Italia che è anche il giorno di nascita di Goycochea e, ancora il 17 lo ritroviamo nei 5(17) minuti di imbattibilità del nostro Zenga.
Mentre la somma teosofica delle date di nascita di Goycochea e Donadoni è per entrambi 10: (1+7+1+0+1+9+6+3=2+8=  10) e (9+9+1+9+6+3=3+7=  10).
Tutto “siciliano”, invece  il ricorrere del 6. Lo troviamo nella data di nascita di Giovanni Verga (2+9+1+8+4+0=2+4= 6) nella data della sua morte (2+7+1+1+9+2+2=2+4= 6) nella data di nascita di Totò Schillaci che segnò il vantaggio azzurro (1+1+2+1+9+6+4=2+4= 6) e, infine, nella data di prima apparizione della Novella “ROSSO MALPELO” -  che mi fu fatale all'esame –  pubblicata su “Il Fanfulla” nel 1+8+7+8=2+4= 6.
Sul significato numerologico/mistico/esoterico dei singoli numeri evidenziati vi rimando ad altre occasioni qui non è  il caso e nemmeno il  luogo per  andare oltre.