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venerdì 31 luglio 2020

La cavalcata del Primo Milan di Sacchi vista dagli occhi de "La Notte"





Accadde nella stagione calcistica 1987/1988.
In quell'annata lì quelli della redazione sportiva del quotidiano pomeridiano milanese "La Notte" idearono una splendida iniziativa editoriale:  LA NOTTE SPORT - EDIZIONE DEL LUNEDI'.
Una di quelle belle storie che potevano nascere solo in un epoca come quella lì.
Non avevamo internet e nemmeno l'dea della metà delle "diavolerie" (è il caso di dirlo)  moderne eppure nella pancia della redazione di questo quotidiano nacque questa straordinaria novità editoriale che ci portava dentro le partite dalla domenica pomeriggio appena passata con un mucchio di foto e reportage delle imprese di quei nostri amati campioni.
Quello fu l'anno della Straordinaria Cavalcata del Milan dell'Arrigo Da Fusignano.
Roba che puoi andare raccontando con una punta di Orgoglio solo essendone stato il testimone diretto.
Una Cavalcata trionfale fatta da una Squadra che costruì, proprio in quell'anno,  la prima pietra di un Palazzo fatto di Coppe e Vittorie Memorabili.
Ripassando tra le mani le pagine ormai ingiallite di questi autentici "gioielli" della stampa nostrana mi assale, forte, la nostalgia quei tempi passati dove il  Calcio era davvero qualcosa che potevi andare raccontando anche solo per immagini e poche, ma giuste,  parole.
Andavo ogni lunedì sera a prendermi la mia copia de "La Notte" ne sfogliavo le pagine e osservavo le foto e ci trovavo dentro un mondo ... oggigiorno le telecamere delle pay-tv entrano persino negli spogliatoi nel pre e post partita e siamo inondati 24 ore al giorno di notizie di mercato o presunte tali ... 
Ma la sensazione è che forse è  più "notte" ... oggi.

Dedicato a tutti i miei amici Rossoneri.







Foto tratta da: LA NOTTE SPORT - EDIZIONE DEL LUNEDI' 02-11-1987.
Dietro la porta del Torino i tifosi del Milan Club di Cabiate tra cui l'amico Fabio Abbondi che mi ha segnalato la cosa.

























lunedì 27 luglio 2020

Morte di un piccolo campetto di paese ...


di Graziano Robustelli 


Sei anni fa… Una serie di appunti personali, che narravano il mio strano, ambiguo e malsano rapporto con un piccolo campetto di calcio oratoriale, diventarono un racconto non premeditato, che poi sul Web spopolò. ''Su al Campo''. Fu il primo ''racconto'' che scrissi''...Non fu distribuito nel Web Cunardese… Bisognerà aspettare il 2018 e uno slancio di autostima dopata, per rivelarlo agli abitanti del paese in cui si svolgono i fatti....Nessuno conosceva Cunardo su Internet, tra coloro con cui lo condivisi, ma molti della mia generazione e anche più giovani, che lo lessero, si immedesimarono nel mio racconto e tanti furono i plausi e i complimenti, a tal punto che ci fu chi approfittò di viaggi di lavoro in zona, o addirittura chi venne dal Veneto, apposta per vedere e per fotografare ''Su al Campo''... il piccolo terreno dell'oratorio dietro la Giesa Granda di cui raccontai l'epopea trentennale...Nonostante gli errori di battitura mai corretti, nonostante una sintassi maccheronica e improvvisata e a volte volutamente ridicola, il racconto suscitò emozioni e immedesimazioni nostalgiche, in molti angolini d'Italia…Dalla Sicilia al Lazio, dal Veneto alla Liguria e fino alla Germania. Semplicemente perché un piccolo campetto spelacchiato fino a vent’anni fa, ovunque fosse...lo abbiamo calcato tutti.. Il racconto emozionò tutti coloro, che vissero le stesse esperienze preadolescenziali pedatorie di ogni doposcuola, con la stessa gioia di ritrovarsi in battaglie su campetti improvvisati, senza orario, senza divise firmate...anzi senza divise, senza regole e senza arbitri, spesso senza porte e senza righe, ne spogliatoi, ne docce, ne bibite energizzanti… addirittura a volte senza palloni veri..
Scrissi di questo campetto bistrattato… Mai considerato veramente.... Spesso sottile mezzo di ricatto o di baratto… Spesso abbandonato per anni, dopo una iniziale ''Golden age'' tutta lustrini e paillettes...Abbandonato da diverse mamme, per poi risorgere come la Fenice, ogni volta, dando parvenza rinnovata di farlocca immortalità. Mai considerato veramente...Ho detto. Come effettivamente, non è mai stato considerato il calcio a Cunardo. Il calcio a Cunardo è sopravvissuto finche' la passione di pochi, dilatata nel tempo è riuscita a sopperire a mancanze strutturali di base... a impianti, a carenze di partecipazione e di sponsor… Circa 30 anni insomma… Cunardo è Sci e basta. Cugliate e Marchirolo nostri dirimpettai hanno sempre avuto un attaccamento più morboso al gioco del pallone. Non si spiegherebbe altrimenti come ci siamo fatti defraudare della miglior scuola calcio della provincia. Grazie, Gino Marchioretto. Cunardo non ha una tradizione nel calcio. Quelli che a Cunardo si ricordano ancora negli anni, come ''quelli bravi'' (e non sono di sicuro di pelo recente), devono la loro fama, più che a delle qualità superiori, al lungo tempo che hanno giocato e alle varie squadre in cui si sono esibiti....Nessuno giocava meno di 20 anni. Il calcio a Cunardo ha vissuto un ciclo di eroi che quando si e' esaurito ha alzato bandiera bianca. Ma sempre in totale autogestione.
Ma perché questo piccolo campetto fu così importante per me?
Io credo che nella vita, non sia importante che cosa...ma almeno una cosa, ''DEVI CREDERE'' di essere bravo a farla... Qualcosa che agli occhi degli altri possa creare stima, se non ammirazione. Il calcio mi ha salvato. Mi ha dato quella cosa per cui molti mi consideravano con ammirazione...sebbene a livelli normalissimi...
Mi ha salvato dal bullismo, da una scarsa autostima di me stesso...E il mio regno era quel piccolo campetto la'...''Su al Campo''...Un piccolo quadrato recintato, con due porte da calcio, dove ancora oggi quando attraverso il cancello, mi sento protetto, invulnerabile, mi sento in uno scrigno prezioso, anche se ormai il pallone non lo faccio più rotolare...L'ultima volta fu il 2016.. Quel racconto finiva in maniera ambigua ma dolce, un lieto fine che lasciava aperte aspettative di un rilancio per il campetto, di un futuro più continuo, più regolare... che non quello che lo contraddistinse in 40 anni di storia. .Non fu così.  Ecco… In questi giorni ho riattraversato quel cancello... e oggi ci sono tornato per fotografarlo... Da solo… Anche per cercare un momento di raccoglimento, circondato da un paesaggio che mi desse serenità e pace... Cosa meglio di quel terreno che mi ha visto crescere anno dopo anno, delle sue due porte, sempre loro, sempre quelle che nel 1975 vennero incastonate nel terreno...Cosa meglio del Cupolone della Chiesa e il suo maestoso Campanile… Cosa meglio della protezione vigile del San Martino che come guardiano paziente non si è mai mosso di lì nei secoli dei secoli e ci sbirciava tra un gol e l'altro?...
Oggi per me è  stato come attraversare il cancello del cimitero...Un colpo al cuore...Letteralmente....Ma non per la morte di qualcosa... Forse più per una nascita… La nascita di una triste consapevolezza… Definitiva e Irreversibile.. La consapevolezza che vivo nel passato...Che l'attuale è diverso e ciò che mi ricordo, appartiene ormai solo ad una visione delle cose, che si sforza di galleggiare ma non riesce a stare al passo coi tempi moderni, ormai consolidati, anche in un paesino come Cunardo.. Ho capito che il campetto è parte del passato, non solo mio ma del paese ormai. Ho capito che ormai non tornerà più a rivivere. Nessuno ci gioca, ne ci giocherà mai più... Nessuno lo calpesterà di nuovo...o se succederà, sarà l'ennesima riesumazione di una stagione... Ormai i ragazzini si iscrivono alle scuole calcio… Pagano per iscriversi, per le assicurazioni, per il materiale tecnico, per avere un posto in squadra. Giocano due giorni a settimana, poi al sabato o la domenica e quindi il pallone non lo toccano più...Molti girano con le magliette di CR7 per fare un piacere al papà… Ma non hanno mai calciato, ne calceranno mai un pallone...Le immagini del campetto parlano da sole e vi risparmio descrizioni interiori di ciò  che mi ha causato, vederlo ridotto cosi'....Il cielo è azzurro...ma il terreno del campo è arancione per l'erba altissima bruciata dal sole...Ero in infradito e non mi importava della gambe scoperte alla merce' di insetti che mi assalivano da ogni dove… L'amarezza di un paesaggio così  triste così trascurato mi ha amareggiato. Scherzando, durante il periodo di Lockdown più stretto, alla domanda da 100 milioni di dollari, ''quale sarà  la cosa che farai quando si potrà di nuovo uscire di casa?'', pensavo...''Chiamerò Pippo, il Pac, e tutta la banda e andrò Su al Campo a fare una partita.''… Prima dovrò avvertire il 118..ma meglio morire giocando, che di Corona... Scherzavo...ripeto, scherzavo... Però  nulla mi dava più senso di liberazione e soprattutto di libertà.  Qualcuno scrisse…''Non c’è nulla di più triste di un pallone bucato..''. Beh... Anche un campetto lasciato a se stesso mette tristezza...
Camminavo e mentre fotografavo... mi è venuto in mente l'inaugurazione... nel 1975...Il torneo di Inaugurazione. Mio Dio!!!!!...45 anni fa!!!!...Alcuni che perderanno tempo a leggere questo post non erano ancora nati e altri nemmeno 30 anni fa..
Nel 1975. Ci pensate? 45 anni prima era il 1930..Non c'era ancora stata la Seconda guerra Mondiale ed era appena iniziato il fascismo...Eppure a me 45 anni fa, sembra proprio ieri...45 anni di questo campetto. Vissuto con trasporto giorno per giorno, sempre presente qualora si volesse passare qualche ora a rincorrere qualcosa che rotolasse… E anche quando sapevo che ormai ero troppo ''vecchio'' per pensare di giocare, sapevo che Lui era sempre la'...nel caso...E quante ne ha viste… Quanti bambini, quanti calciatori da dopolavoro, quante squadre di CSI si sono avvicendate, quanti ricatti, quante bestemmie, quanti infortuni, quanti palloni persi, quanti bucati, quanti lucchetti rotti e quanti calzoni ''sgarati'' scavalcando il cancello...Guardavo l'erba alta tristemente, ma orgoglioso della mia generazione, pensavo che ''solo'' 40 anni fa, anche con l'erba cosi'...Io e la mia orda barbara, saremmo saliti lo stesso, col pallone sotto il braccio e in una partita senza fine, alla sera avremmo raso al suolo tutto...Pensavo con tenerezza, per quanti anni Nunzio ha dedicato tempo a fargli manutenzione, con la sua carriola di attrezzi....Solo per amore di quel terreno e del calcio… Se ne occupava anche se nessuna squadra di CSI si era iscritta quell'anno. Per Lui è sempre stata una missione. Per Lui quel campo è  sempre stato casa sua. Pensavo a tutti i Palii dei Rioni che a cavallo degli anni 70/80 si erano disputati in quel perimetro. Ai tornei serali. Agli allenamenti invernali con l'FC Cunardo sulla neve a fari accesi. Alle serate primaverili estive che dopo cena ci si ritrovava fino a buio a giocare...e si aveva già passato i 35...Alle partite a una porta sola sotto la pioggia battente...Alle volte che tornavo a casa per i Mott a piedi nudi, con le patate sotto i piedi… perché  il terreno duro non ti guardava in faccia...Ho sempre pensato che i luoghi d'aggregazione di un paese che hanno fatto storia, meritino considerazione e salvaguardia… come dei monumenti veri e propri. Vale per il Campetto della chiesa e per il Parco delle Rimembranze… Sono un sognatore… Mi giro pensieroso e agitato come se stessi andandomene da Chernobyl...L'altra volta alla fine del racconto, sentivo voci confuse dal passato che ripetevano il mio nome salutandomi......Questa volta, solo silenzio.







(Foto di Graziano Robustelli)

domenica 26 luglio 2020

Quando il portiere algerino Drid fece disperare il Brasile


Accadde il 6 giugno 1986.
Davanti a 48.000 spettatori nello stadio  "Jalisco" in Guadalajara il Brasile di mister Telè Santana affrontò la "vittima sacrificale" di turno che, nel caso, era l'Algeria.
Nella seconda giornata di sfide, di questo Gruppo D, della fase finale del mundial messicano  il Brasile arrivava forte della vittoria di misura contro la Spagna mentre l'Algeria aveva già compiuto un mezzo miracolo fermando sul 1-1 quelli dellIrlanda del Nord di "nonno" Pat Jennings.
Quella prima gara della sua Algeria il portiere Nasser  Eddine Drid non la disputò e, per lui, il mundial messicano inziò subito con la prova del fuoco contro i temibili brasiliani.
La gara, me la ricordo bene, si disputò alle ore 12 locali, in Italia erano le ore 20.
Il portiere algerino fu l'assoluto protagonista e mi è sempre rimasto impresso in quanto questo ragazzo, pur non essendo di statura altissima per il ruolo, un po' come il "nostro" Franco Tancredi, dimostrò contro il Brasile di essere un autentico fenomeno, mettendo in mostra una reattività e un senso della posizione degno dei grandi interpreti del ruolo.
Drid fece, insomma, una buona figura così come l'altro portiere della squadra africana che giocò il mundial messicano, il marocchino Zaki.
I brasiliani faticarono, e non poco a trovare la via della rete dopo che, in varie occasioni Drid sventò ogni loro velleità.
Dopo il primo tempo chiuso a reti bianche, soltanto una disattenzione della difesa algerina, consentì a Careca di rubare il tempo a tutti e siglare la rete che decise l'incontro al minuto 66 di gara.
Proprio Careca, nell'arco della gara,  si vede parare da Drid tutto il possibile.
Il portiere algerino, eroe della sfida con il Brasile, finì il suo mondiale al ventesimo minuto della successiva sfida contro la Spagna quando in uno scontro aereo con lo spagnolo Goikoetxea si infortunò dovendo lasciare il campo di gioco.



 

BRASILE - ALGERIA 1 -0






venerdì 24 luglio 2020

Le mie "Mani di Velluto"





Oggi fa caldo ...
Ma è normale alle 15 del pomeriggio  quando il calendario dice che è luglio.
L'anno è il 1986.
Aspetto, ora, come ogni mercoledì dell'anno (sempre a quest'ora),  che l'edicola qui in Via Dante apra per poter così stringere tra le mani la mia copia settimanale del "Guerin Sportivo", il mio "Guerin" ... compagno di tante letture ...
Il "Mio" Mundial di Mexico è appena terminato ma, quello che manca ancora all'appuntamento, è l'ultima parte del "Film Del Mundial" dove, per foto, posso rivivere ogni singola emozionante partita di questa stupenda avventura.
Qui all'edicola di Via Dante il "Guerin" arriva sempre al pomeriggio del mercoledì  perchè l'Elio, che gestisce la rivendita in centro paese vicino alla stazione  lo porta all'edicola gestita dalla mamma, qui sulla mia via,  al mezzogiorno, quando  torna a mangiare. Così il giornale è disponibile solo alla riapertura pomeridiana.
Certo, potrei andare a prenderlo alla mattina in stazione, almeno in questi mesi estivi nei quali, senza la scuola, la mattina è libera.
Peccato solo che la mattina mi tocca studiare e anche sodo  per recuperare  i tre esami di riparazione  "centrati"  al primo anno al Jean Monnet di Mariano Comense. Così spesso alla mattina sono da Michela per recuperare tedesco ... e poi, in fondo,  il "Guerin" per tutto l'anno lo prendo il mercoledì pomeriggio. E' un rituale, e come tale, è sacro. Va bene così, anche col caldo pomeridiano di metà luglio.
Fortunato, nella mia passione per la lettura, ad avere l'edicola qui a 200 passi da casa.
Fumetti e Calcio assorbono i tre quarti della paghetta settimanale.
Resta lo spazio di qualche caramella e un ghiacciolo all'oratorio.
Ma sono contento.
Alleno l'anima della mia passione sportiva e l'anima dell'avventura con i fumetti.
Stringo, infine, in mano la mia copia che sfoglio veloce mentre a passi lunghi rientro a casa: sono sempre alla ricerca di qualche foto del mio "Eroe-Mundial", il portiere del Belgio dei Miracoli. il ricciolone Jean-Marie Pfaff.
Ed ecco giungere finalmente qualcosa di davvero bello,  molto bello,  spalmata su due pagine una spettacolare foto di uno dei "Mastri-Fotografi" del Guerin, Guido Zucchi.
La sua è una foto splendida ma, soprattutto, è una foto a paginata intera. 
Un miracolo. 
Un dono.
Jean-Marie ritratto in un primo piano preso di spalle con la  leggendaria palla  "Azteca" dell'Adidas stretta tra i guanti "Reusch"  dietro la nuca.
Mi fermo.
Che poi è caldo.
Ma non ci credo.
Due pagine, una foto della "mia" Leggenda.
Al fianco, in un piccolo riquadro,  un "mesto" Giovanni Galli sembra andar cercando, per il campo, qualcosa di buono in una sorte per lui avversa sotto il cielo del Mexico.
Ma lo spazio è tutto per Pfaff.
La foto è una "Leggenda". 
Da subito.
Solo dopo mi salta all'occhio il titolo dell'articolo "MANI DI VELLUTO"
Il testo di questo articolo ha una firma "Illustre": Vladimiro Caminiti, detto "Camin". 
Un Poeta.
Un autentico "Poeta" prestato al giornalismo sportivo. 
Qualcuno potrebbe pensare anche ad un "talento sprecato" quello di "Camin", intento  a dar bado ai ventidue in mutande che inseguono un pallone: in realtà Caminiti, palermitano di nascita e torinese d'adozione, per la fortuna di noi amanti del Bel Calcio, mette tutta la sua "perizia" al servizio del nostro Sport preferito regalandoci articoli memorabili.
In occasione di questo trattatato, che è in buona sostanza una sorta di bilancio sui portieri visti all'opera a Mexico '86 , Vladimiro Caminiti  manifesta tutta la sua "passione" per il  ruolo del portiere vergando sul tema splendenti righe che all'inzio ho preso come semplice accompagnamento alla già citata foto del mio Jean-Marie ma che, già dalla terza e prolugata rilettura,  prendono vita, forma e si stringono a quella foto come in un abbraccio senza tempo che è così forte da durare per decenni.

Oggi non fa poi così caldo.
Che non è poi  molto normale per una sera di luglio.
L'anno è il 2020.
Trentaquattro anni dopo sono cambiate tante cose.
Il "Camin" ci ha lasciati ormai da tanto tempo.
L'edicola in Via Dante non c'è più.
Il Guerin  resiste ma non ha più motivo di esserci "l'attesa del mercoledì" ora che la rivista è passata alla periodicità mensile ed si è spenta l'eco del "Bel Calcio". 
Ed io, semplicemente,  continuo a camminare per la strada tenendo sempre aperta quella pagina datata luglio 1986 ricevendo continuamente sul volto la carezza del tempo  e di quelle "mie" uniche e indimenticabili "Mani di Velluto".


Dedicato alla Memoria di Vladimiro Caminti












domenica 19 luglio 2020

Il Calcio Secondo Rho Nando



Questo post avrebbe potuto benissimo  essere un post "muto".
A parlare, in maniera chiara e inequivocabile,  sono infatti le parole impresse sulla maglietta che i ragazzi della squadra allievi del Cabiate Calcio hanno donato al "nostro" Nando  al termine della sua avventura come Collaboratore della Squadra.
Questa frase  è un  puro "Inno"  a quel Calcio Romantico di cui vado scrivendo ormai da anni su questo blog e non solo. 
Un Calcio fatto prima di Persone e solo dopo di Calciatori, fatto di Ragazzi e non solo di Campioni o presunti tali.
Ricordo con precisione la sera dell'estate scorsa, proprio nel mezzo di una delle gare del torneo di Calcio San Luigi qui all'Oratorio di Cabiate, quando parlai con Nando del  "Premio Disciplina" vinto dai suoi ragazzi della categoria Allievi per la stagione 2018/2019. Una Bella Storia.
Nella foto qui sotto, tratta dal sito https://www.cabiatecalcio.it/NEWS-E-AVVISI-2019.htm,  Nando, in rappresentanza della Squadra,   riceve il premio FIGC in questione.


Non è, da parte mia, solo una questione di  "cuginanza", non è solo una questione di "Rho" ma è piuttosto, e  allargando il cerchio, una questione legata ad un certo modo di concepire il Calcio.
Quella sera dell'estate scorsa si parlò di questo premio e così, quando ieri ho visto il post su Facebook con la maglietta di cui sopra, ho chiesto a Nando di poter pubblicare il tutto qui, su questo Blog.
La Sintesi è quella  del Lavoro di un Ragazzo prestato con Grande Passione a favore di Ragazzi più giovani che, anche a distanza di anni, porteranno dentro di loro il frutto di questo incontro e il ricordo di questo premio e di questo Calcio dal Volto Umano che è il nostro Calcio.
Forza Nando !!! 
Sempre.