Visualizzazioni totali

sabato 18 ottobre 2014

Mladen Pralija e il traumatico esordio in Bundesliga


Accadde all'Olimpia Stadion di Monaco di Baviera sabato 8 agosto  1987.
Il portiere croato Mladen Pralija esordiva in Bundesliga con la maglia dell'Amburgo contro il Bayern Monaco del "mio" Jean-Marie Pfaff.
L'impresa che attendeva Pralija era di quelle epiche: il croato era infatti chiamato a sostituire tra i pali dell'Amburgo una leggenda come Ulrich "Uli" Stein, che era stato portiere titolare e beniamino dei tifosi anseatici sin dal 1980.
In quei giorni dell'agosto 1987 ero a trascorrere le vacanze estive nella splendida Bormio tra le montagne della nostra Valtellina.
Nell'edicola Sosio, che era situata all'inizio della via Roma e a pochi passi dal negozio dei miei zii, arrivavano i quotidiani tedeschi. 
Turisti lì a Bormio ce n'erano sempre tantissimi, ma di tedeschi pochi così l'unico acquirente di quei giornali credo fossi proprio solo io.
Arrivavano il giorno successivo all'uscita nelle edicole tedesche. Ma questo era un dettaglio.
Dal bavarese ABEND-ZEITUNG, che narrava con particolare attenzione delle storie del Bayer,  allo storico BILD ... c'era di che leggere ed informarsi sulle partite della BUNDESLIGA.
Ed il lunedì era uno spettacolo avere tra le mani il "leggendario" BILD AM SONNTAG: la versione domenicale del più celebre quotidiano tedesco che riportava tabellini e foto delle gare di Bundesliga che si erano disputate il sabato pomeriggio.
Quel BILD AM SONNTAG del 9 agosto 1987 che raccontava l'esordio del croato Pralija tra i pali dell'Amburgo mi rimase impresso nella memoria.
Il tabellino dell'incontro, a partire dal quel  6 - 0  come risultato finale capeggiava a caratteri cubitali sin dalla prima pagina del giornale.
La foto gigante di Pralija che, in uscita, perdeva il pallone di mano era l'immagine eloquente della disastrosa partita toccata in sorte al portiere croato.
Il cronista della BILD non fece sconti al portiere dell'Amburgo che, al di là delle sei reti subite, dimostrò di non essere all'altezza del compito che gli fu affidato.
Grande fu il mio disappunto nel notare che, purtroppo, foto del mio Pfaff non ce n'erano, dato che la partita si sviluppò tutta nella metà campo dell'Amburgo. Nemmeno il voto nel tabellino per Jean - Marie.
La storia raccontò poi che, al termine della stagione, Pralija lasciò l'Amburgo per ritornare all'Hajduk Spalato portandosi in valigia come ricordo dell'esperienza in Bundesliga un totale complessivo di 14 presenze e 35 reti subite.






giovedì 16 ottobre 2014

Uwe Kamps l'eroe di Mönchengladbach


Uwe Kamps è stato uno degli eroi della mia adolescenza.
Fu un articolo letto sul Guerin Sportivo sul finire degli anni ottanta  a farmi conoscere questo portiere tedesco che difendeva i pali del Borussia Mönchengladbach.
Quello splendido articolo era intitolato "LA VOLPE E L'UWE": veniva tirata in ballo la favola di Esopo data l'assonanza della parola "uva" con il nome del portiere tedesco.
Una carriera, quella di Kamps,  tutta spesa tra i pali del Borussia,  dall'esordio nel marzo del 1983 fino all'ultima gara del 22 maggio 2004,  a pochi giorni dal compimento dei 40 anni. 
Un totale di oltre 500 partite tutte disputate con la compagine di Mönchengladbach.
Eroe e uomo simbolo del Borussia M'Gladbach Uwe  Kamps fu grande protagonista,  nell'estate del  1988, della spedizione Olimpica  che vinse la medaglia di Bronzo a Seul e della quale il "nostro" era titolare della maglia numero 1.
Con la maglia del Borussia  Kamps vinse la coppa di Germania nel 1995.
Tuttavia  il capolavoro assoluto della sua carriera calcistica,  che tutt'ora viene ricordato come fatto leggendario dai tifosi del M'Gladbach, Uwe Kamps lo compì la sera del 7 aprile 1992 quando il Borussia affrontò in semifinale di Coppa di Germania il Bayer Leverkusen.
Quella notte si trovarono di fronte due grandi specialisti nel parare i rigori: Uwe Kamps e Rüdiger Vollborn.
Uwe Kamps parò tutti i quattro rigori che furono calciati contro di lui da  Jorginho, Herrlich, Lupescu e Kree emulando così l'impresa del leggendario portiere rumeno Helmut Ducadam.
Sono passati tanti anni ma, ancora oggi, dopo più di trent'anni  Kamps è lì  ancora a darsi da fare per il "suo" Borussia.
Più che un allenatore dei portieri, per i tifosi del Borussia, è una leggenda ... che per il sottoscritto iniziò con quell'articolo dello straordinario "Guerino".



domenica 12 ottobre 2014

Tony Meola: la leggenda del Paisà


Antonio "Tony"  Meola si può considerare il miglior portiere ad aver mai vestito la maglia della nazionale di calcio degli U.S.A. 
Senza dubbio il più leggendario e, con le sue 100 presenze in maglia a stelle e strisce,  il  recordman tra i pali nella storia della nazionale americana di calcio.
Figlio di un immigrato italiano, Vincenzo Meola, Tony è il Paisà che aspettavo con impazienza al suo esordio al mondiale italiano nel 1990.
Il fatto che gli U.S.A. fossero stati  inseriti nel medesimo girone eliminatorio dell'Italia mi consentì, all'epoca, di mettere insieme una notevole mole di materiale sul portiere americano.
Fisico imponente,  (1 metro e 86 per 94 kg)  anche perché allenato a qualsiasi sport, dai più tipicamente americani come  baseball e basket, Meola arrivò al calcio grazie alle attenzioni del coach Bruce Arena che intravide subito in quel ragazzone un "potenziale" campione tra i pali.
Fu così che nel mondiale italiano, in quell'estate del 1990, potemmo ammirare un ottimo portiere, atletico e spettacolare negli interventi quanto preciso ed esuberante nel richiamare i suoi compagni e  nel guidare la sua difesa.
Ma se nel mondiale italiano furono più dolori che gioie, con le 8 reti subite in tre partite (5 dalla Cecoslovacchia all'esordio, 1 dall'Italia e 2 dall'Austria),  Meola fece intendere che gli States potevano contare su di un ottimo portiere in vista del mondiale successivo che si sarebbe svolto proprio negli U.S.A.
Così la cartolina che dall'Italia il "Paisà" Meola si riportò negli States rimandava a chiare lettere al prossimo mondiale, l'occasione buona per far vedere appieno il proprio valore.
Il Tony Meola che si presentò in campo al Silverdrome di Detroit  il 18 giugno 1994 contro la Svizzera nella prima gara degli U.S.A. nel "loro" mondiale era  un portiere ancora più forte. 
Maturato nel temperamento e ancora più atletico di quanto non fosse quattro anni prima, Meola si presentò all'appuntamento mondiale con una bella capigliatura raccolta a "coda di cavallo" che ne caratterizzò l'immagine e lo fece diventare un'icona per i fans statunitensi.
Il fatto di essere stato nominato capitano della formazione statunitense dal coach Bora Milutinovic fu la testimonianza di quanto affidabile fosse Meola.
Dopo il pareggio con gli svizzeri per 1-1 il mondiale degli Stati Uniti prese quota con la vittoria contro la Colombia per 2-1 (con la tragica autorete del colombiano Escobar che verrà assassinato a causa di questo errore) salvo subire poi una battuta d'arresto contro la Romania 0-1.
La sconfitta nella gara finale del girone non pregiudicò il passaggio del turno per gli States ma li relegò al secondo posto nel girone. 
Di lì il passo successivo fu l'incrocio terribile con il Brasile negli ottavi di finale.
I brasiliani penarono non poco di fronte al notevole vigore atletico degli americani. Alla fine di una gara brutta e spigolosa i brasiliani la spuntarono per 1 rete a 0 grazie ad un tiro incrociato di precisione millimetrica del fuoriclasse Bebeto.
Meola e gli U.S.A. furono eliminati.
Dopo essersi dedicato per un po' al football americano, saltando l'appuntamento con il mondiale francese del 1998,  Tony Meola rientrò nel giro della nazionale U.S.A. in tempo per partecipare, seppur come terzo portiere,  alla spedizione mondiale del 2002. 
Ogni volta che vedo sventolare la bandiera americana in un campo di calcio non posso non pensare a lui: Tony Meola  unico, inimitabile, valoroso e leggendario "Paisà".
Il miglior portiere nella storia calcistica degli U.S.A..







La scomparsa di Vladimir Beara detto "Il Ballerino"


Lo scorso mese di agosto se n'è andato un altro dei "nostri" eroi.
Uno degli "Orginiali".
Uno di quei portieri che, vista l'epoca in cui giocò, non ho potuto seguire direttamente, ma del quale ho letto diverse storie e che è riportato in tutte le guide di calcio tra i migliori interpreti di tutti i tempi del ruolo di "guardameta".
Vladimir Beara viene considerato il miglior portiere della storia calcistica del suo paese, la Jugoslavia.
E non potrebbe essere diversamente se pensiamo che, per esempio, uno dei suoi rivali dell'epoca, il celebre numero 1 sovietico Lev Yashin (unico portiere vincitore del Pallone d'Oro) lo considerava il miglior portiere del mondo. 
Una carriera nata "quasi" per caso  quando il nostro,  da semplice spettatore a bordo campo,  entrò in tra i pali dopo un allenamento della Hajduk di Spalato  solo perché gli attaccanti della squadra  jugoslava avevano bisogno di un portiere per allenarsi ancora un po' a calciare in porta.
Da quel momento  quel ragazzo, che di mestiere faceva l'elettricista,  e che lavorava in un teatro dove spesso lo si vedeva salire sul palco per assecondare la sua grande passione per il ballo, non uscì più dai pali.
Divenne celebre come Beara "Il Ballerino".
Un portiere leggendario che nel corso dei mondiali del 1954 disputatisi in Svizzera arrivò con i compagni sino ai quarti di finale difendendo alla grande la porta della Jugoslavia muovendosi tra i pali come un vero ballerino con un'eleganza e uno stile che impressionò chi ebbe la fortuna di osservarne le gesta.
Nel mondiale 1958 Beara giocò le prime tre partite del girone di qualificazione ma non fu della partita quando la Jugoslavia venne eliminata dai tedeschi ancora nei quarti di finale, come nel 1954.
Quando nel 1960 si trasferì a giocare in Germania a difendere i pali dell'Alemania Aachen i tifosi tedeschi lo soprannominarono "Il Gatto".
Indipendentemente da come lo si voglia chiamare, a me personalmente, resterà per sempre nel cuore la sua vicenda umana e di portiere e, decisamente preferisco ricordarlo con il più poetico soprannome de "Il Ballerino". 
Nonostante in patria ebbe problemi con il regime militare di Tito, e di fatto dal 1959 fu costretto ad abbandonare la nazionale e lasciare il suo paese per andare a giocare in Germania Beara "Il Ballerino"  rese onore al suo paese e anche per questo non sarà mai dimenticato.
Un poetico e leggendario eroe di un tempo lontano.




sabato 11 ottobre 2014

In memoria di Zé Beto


La sera del 16 maggio del 1984 la Juventus di  Giovanni Trapattoni affrontò il Porto nella finale della Coppa delle Coppe edizione 1983/1984.
Tra i pali della squadra lusitana vi era Josè Alberto Teixeira Ferreirinha, detto Zè Beto.
Con l'occasione delle partite dei club italiani in Europa ho avuto la fortuna di conoscere, col passare degli anni, i portieri più forti del vecchio continente: così, quella sera del maggio '84 ci fu l'occasione per portare anche Zè Beto nel "mondo dei miei portieri".
In quella gara il Porto venne sconfitto per 2 reti ad 1.
Alla fine della partita proprio Zé Beto, infuriato con la terna arbitrale per un presunto torto subito in occasione della seconda rete bianconera di Boniek, prima spintonò l'arbitro Prokop quindi se la prese con uno dei due guardalinee strappandogli di mano la bandierina.
Questo eccessivo comportamento gli costò una squalifica di due anni da parte della UEFA.
Nel frattempo, nel 1986,  il polacco Jozef Mlynarczyk venne acquistato dal Porto e così  Zè Beto venne spesso relegato in panchina.
Un incidente d'auto si portò via Zè Beto troppo presto, all'età di soli trent'anni, nell'agosto del 1990.
Resterà nei nostri ricordi. 





giovedì 9 ottobre 2014

Luis Gabelo Conejo e la cavalcata della Costa Rica a Italia '90



La nazionale della Costa Rica che si presentò ai nastri di partenza della fase finale del  mondiale di Italia 1990 era dai più considerata la vittima sacrificale del gruppo C dove a contendersi il primo posto erano attese le nazionali di Brasile, Svezia e Scozia.
Tuttavia la prima sorpresa ci fu subito nella gara inaugurale della Costa Rica: contro la Scozia, infatti, la nazionale centro-americana  (guidata in panchina dal tecnico gira-mondo Bora Milutinovic) si impose per una rete a zero.
Grande impressione destò la prestazione del portiere costaricano Luis Gabelo Conejo 
Nel successiva partita contro i  grandi favoriti del Brasile la Costa Rica venne sconfitta, ma solo di misura e solo a sette minuti dalla fine della gara quando l'attaccante Muller riuscì a battere il portiere Lusi Gabelo Conejo che anche in quell'occasione risultò essere il migliore in campo dei suoi.
Nell'ultima gara del Gruppo C la Costa Rica sconfisse la Svezia e, giungendo seconda nel girone vinto dal Brasile, approdò inaspettatamente agli ottavi di finale.
Contro la Cecoslovacchia la nazionale del centro-america non riuscì a ripetere il miracolo ed alla fine fu sconfitta per 4-1. Tuttavia anche in quell'occasione la prestazione del portiere Conejo risultò ottima.
Al termine della rassegna iridata che vide narrare  le gesta di estremi difensori del calibro del  nostro Walter Zenga, o del tedesco Bodo Illgner, dell'inglese Shilton o dell'argentino Goycochea non furono pochi gli addetti ai lavori che inserirono Luis Gabelo Conejo nella loro formazione ideale.
Proprio al termine del mondiale italiano il club spagnolo dell'Albacete si assicurò le prestazioni di Conejo che passò,  nel giro di un'estate,  da perfetto sconosciuto a portiere di fama mondiale.
Memorabili  almeno quanto le sue parate erano le sue Preghiere prima dell'inizio delle partite.
Un personaggio unico.