Accadde il 30 giugno 1990 allo Stadio Artemio Franchi in Firenze.
Quel giorno lì, alle ore 17,00, era in programma la sfida valida per i quarti di finale del Campionato Mondiale di Calcio.
Di fronte vi erano le nazionali di Argentina e Jugoslavia.
La formazione della Jugoslavia era stata costruita dal suo allenatore Ivica "L'Orso" Osim su di una triade di carneadi che rispondevano ai nomi di: Tomislav Ivković, Faruk Hadžibegic e Dragan Stojkovic rispettivamente portiere, capitano e mente di un gruppo davvero Straordiario per qualità tecniche e atletiche.
Tomislav Ivković, gigante di un metro e novanta di origine croata, e che in quelle stagioni militava nello Sporting Lisbona, aveva iniziato la rassegna iridata tentennando non poco nella sfida che vide la Jugoslavia subire un duro rovescio al cospetto della Germania. In particolare un suo errore aveva determinato la quarta marcatura tedesca.
Tuttavia due successive vittorie contro Colombia (1-0) ed Emirati Arabi Uniti (4-1) consentirono alla formazione di Osim di approdare agli ottavi di finale della competizione che la vide battere la Spagna al termine di una gara difficile, molto tirata e decisa dal geniale colpo su punizione della "mente" Dragan Stojkovic.
In quel tardo pomeriggio di fine giugno dell'estate 1990 il portiere della Jugoslavia ancora non sapeva che quella sua maglia gialla con il numero 1 impresso sulle spalle sarebbe rimasta nella storia del calcio come l'ultima maglia indossata da un portiere della "Jugoslavia" nel corso di una gara di Coppa del Mondo.
Di lì a venire la tragedia della guerra civile avrebbe ben presto distrutto e cancellato una delle formazioni di calcio più "geniali" di ogni epoca.
Non bastarono i 90 minuti dei tempi regolamentari e nemmeno gli ulteriori 30 minuti dei tempi supplementari a stabilire quale fra le due nazionali avrebbe avuto accesso alle semifinale del Mondiale: il risultato restò inchiodato sullo 0-0 iniziale e si passò così alla lotteria dei calci di rigore.
In quel mentre, poco prima dell'atto finale, il portierone Tomislav Ivković cercò lo sguardo del "Dio del Calcio" l'argentino Diego Armando Maradona.
Pochi mesi prima, infatti, nella sfida di Coppa Uefa tra lo Sporting Lisbona e il Napoli del "Pibe de Oro" disputata a Napoli il 27 settembre 1989 e terminata pure ai calci di rigore Tomislav Ivkovic aveva scommesso con Maradona 100 dollari che gli avrebbe parato il rigore. Detto e fatto: il portiere parò il tiro di Maradona vincendo la scommessa anche se poi il Napoli vinse lo stesso quella lotteria dei rigori passando il turno.
Ora il destino li metteva ancora contro: Tomislav contro Diego con vista su di una semifinale mondiale. E quell'immagine di quel settembre appena passato con il portierone che dopo aver parato il rigore ricordò a Diego che doveva pagare la scommessa è una di quelle storie che il calcio manda agli archivi ma senza dimenticarla.
Questa volta non ci fu tempo per scommettere: troppa la tensione in campo troppo il carico sulle spalle.
Accadde così che l'Ultimo Guardiano della Jugoslavia unita compì un nuovo miracolo e ipnotizzando il Più Grande Calciatore del Mondo parò di nuovo il tiro dagli undici metri di Maradona.
Ma ancora una volta gli dei del calcio scelsero di restare dalla parte del loro "Dio in Terra" e nonostante l'errore del Pibe la sua Argentina vinse quella sfida ai rigori.
Decisivo si rivelò l'errore del suo stoico e leggendario capitano Faruk Hadžibegic che, per ironia della sorte, passerà alla storia della sua Nazione lì dal disintegrarsi come colui che mandò al vento il Sogno Mondiale.
Storie di un tempo che ormai non esiste più.
(30-6-1990 ARGENTINA - JUGOSLAVIA 3-2 dcr)