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domenica 11 novembre 2012

Ottorino Piotti ... tra i pali del Milan


Ottorino Piotti è stato uno degli eroi della mia infanzia.
Portiere spettacolare e preciso negli interventi più acrobatici dopo aver disputato diversi campionati nell'Avellino approdò al "mio" Milan nella stagione 1980/1981 l'anno, funesto, della prima serie B (quella dell'illecito sportivo).
Subito impose la sua classe e, anche grazie alle sue parate il Milan vinse il campionato di Serie B e ritornò subito nella massima serie.
In totale collezionò 112 presenze con la maglia rossonera prima di passare, nell'ottobre del  1984, all'Atalanta.
La vita al Milan non fu affatto facile nell'ultima stagione, dovendo dividere la maglia da titolare con Giulio Nuciari, il quale a parere mio, non aveva il talento naturale di Piotti.
Con gli orobici Piotti giocherà 120 parite sino alla stagione 1989-1990 causando di sicuro più di un pentimento nei dirigenti milanisti che lo cedettero troppo frettolosamente.
Tutto quanto di buono aveva fatto veder tra i pali rossoneri venne confermato nelle stagioni vissute a Bergamo: grazie anche alle sue strepitose parate gli orobici raggiunsero un traguardo storico. Infatti nella stagione 1987/1988 pur militando in serie B l'Atalanta raggiunse la semifinale di coppa dell Coppe dove venne sconfitta dai belgi del Malines del talentuoso portiere Michel Preud'homme.
Tuttora l'impresa di quell'Atalanta, di mister Mondonico e Ottorino Piotti, è rimasta ineguagliata. Nessuna formazione partecipante a campionati cadetti ha mai raggiunto un simile traguardo nelle competizioni europee.
La carriera di Ottorino Piotti finisce nella stagione 1990-1991 allorchè il nostro in forza al Genoa colleziona le sue ultime 3  presenze in massima serie.
Nel cuore dei tifosi milanisti resterà il ricordo di un portiere coi fiocchi che, purtroppo per lui, arrivò in una momento particolarmente difficile dal punto di vista della storia societaria.





Jean-Marie Pfaff vs Diego Armando Maradona



Città del Messico  25/06/1986 Belgio ed Argentina si affrontano nella prima semifinale di Mexico 1986.
Il Belgio, arrivato a sorpresa tra le quattro migliori formazioni del mondo, può contare sul suo formidabile portiere, Jean-Marie Pfaff, le cui straordinarie parate hanno permesso ai Diavoli Rossi di arrivare così avanti nella manifestazione.
Le straordinarie parate contro la Russia ed il rigore parato allo spagnolo Eloy l'hanno ormai consacrato Eroe Nazionale in Belgio.
Dall'altra parte il talento illuminato di Diego Armando Maradona.
Nel mondiale spagnolo del 1982 il portiere belga una sera scappò via dal ritiro della sua squadra proprio per andare ad incontrare di persona un giovanissimo Maradona in quel del ritiro argentino.
La stima tra i due giocatori è cresciuta negli anni e, in quel fatidico giorno del giugno 1986, il destino ha fissato per loro un appuntamento di quelli che restano per sempre nella memoria.
Uno contro l'altro in un duello che non prevede parità.
Sarà proprio il talento unico e irraggiungibile di Maradona a castigare per ben 2 volte il portierone belga di giallo vestito.
Il Belgio si deve rassegnare al talento di Diego ma, negli annali del calcio belga, resterà per sempre il ricordo di quella mitica semifinale.
La sfida, trasmessa in diretta nel cuore della notte italiana, mi tenne incollato alla tv fino alle 2 del mattino ...
Inutile raccontare che tifavo per il Belgio e che se il dio del calcio fosse stato un po' più romantico avrebbe aiutato i diavoletti rossi ...  ma vai poi a spiegarlo agli argentini...






La Magica notte di Ducadam


 
 
 
 
La notte del 7 maggio 1986, notte della finale di Coppa dei Campioni tra la Steaua di Bucarest e il Barcellona, fu nominata da tutti gli addetti ai lavori, da tutti i giornali, come: “LA MAGICA NOTTE DI DUCADAM”.
Come sempre, nell’immediata vigilia di ogni finale, avevo passato la mezz’ora prima di cena giocando un po’ a basket dietro casa.
Come sempre, prima di ogni finale, mi ero preparato il minimo necessario in sala davanti alla TV.
Lo spettacolo… esauriti i rituali dell’epoca… poteva avere inizio.
La partita, dal risultato scontato se si fosse giocato in Islanda, aveva il risultato scritto sulla pietra, dato che si giocava a Siviglia, in piena roccaforte spagnola. In realtà così non fu e al termine di cento venti minuti anche abbastanza noiosi la coppa sarebbe stata assegnata ai calci di rigore. Da una parte l’esperienza spagnola, di squadra abituata a vincere le partite sul filo di lama, dall’altra l’assoluta novità di una squadra dell’Est, giunta fino a questo punto. A leggere l’elenco dei rigoristi non ci sarebbe stata ancora partita. Così non fu. La differenza la fece un perfetto sconosciuto: il portiere rumeno Helmut Ducadam. Parò quattro rigori e consegnò alla Steaua di Bucarest, e all’Est europeo tutto, la prima Coppa Campioni della loro storia. I tifosi del Barcellona se lo sogneranno ancora di notte, tanto la sua impresa ebbe del miracoloso.
Così come comparve dal nulla, il portiere rumeno scomparve nel nulla.
Da pochi giorni dopo la finale in poi nessuno seppe più nulla di lui. Circolarono allora due versioni di quanto gli fosse potuto accadere. La più inverosimile vuole che alle richieste del Premio per la vittoria  il presidente rumeno Ciausescu gli fece spezzare entrambe le mani dai suoi scagnozzi. La più verosimile (finché cadde il regime totalitario di Ciausescu) dice che il portiere fosse stato colpito da una forma di trombosi che lo costrinse all’abbandono dell’attività. A dire il vero qualche giornalista europeo, sceso da un aereo a Bucarest per sapere la verità, fu rimesso immediatamente sul velivolo che l’aveva portato e rispedito a casa da uomini del regime.
Cosicché ancora oggi, che pure il regime non c’è più, qualcuno si chiede che fine abbia fatto Helmut Ducadam. 
Personalmente l’ho inserito in queste memorie di calcio quale simbolo di giocatore colpito da una forma di ingiustizia che ha poco a che vedere con lo sport.