La notte del 7 maggio 1986, notte della finale di Coppa
dei Campioni tra la Steaua di Bucarest e il Barcellona, fu nominata da tutti
gli addetti ai lavori, da tutti i giornali, come: “LA MAGICA NOTTE DI DUCADAM”.
Come sempre, nell’immediata vigilia di ogni finale, avevo
passato la mezz’ora prima di cena giocando un po’ a basket dietro casa.
Come sempre, prima di ogni finale, mi ero preparato il
minimo necessario in sala davanti alla TV.
Lo spettacolo… esauriti i rituali dell’epoca… poteva avere
inizio.
La partita, dal risultato scontato se si fosse giocato in
Islanda, aveva il risultato scritto sulla pietra, dato che si giocava a
Siviglia, in piena roccaforte spagnola. In realtà così non fu e al termine di
cento venti minuti anche abbastanza noiosi la coppa sarebbe stata assegnata ai
calci di rigore. Da una parte l’esperienza spagnola, di squadra abituata a
vincere le partite sul filo di lama, dall’altra l’assoluta novità di una
squadra dell’Est, giunta fino a questo punto. A leggere l’elenco dei rigoristi
non ci sarebbe stata ancora partita. Così non fu. La differenza la fece un
perfetto sconosciuto: il portiere rumeno Helmut Ducadam. Parò quattro rigori e
consegnò alla Steaua di Bucarest, e all’Est europeo tutto, la prima Coppa
Campioni della loro storia. I tifosi del Barcellona se lo sogneranno ancora di
notte, tanto la sua impresa ebbe del miracoloso.
Così come comparve dal nulla, il portiere rumeno scomparve
nel nulla.
Da pochi giorni dopo la finale in poi nessuno seppe più
nulla di lui. Circolarono allora due versioni di quanto gli fosse potuto
accadere. La più inverosimile vuole che alle richieste del Premio per la
vittoria il presidente rumeno Ciausescu
gli fece spezzare entrambe le mani dai suoi scagnozzi. La più verosimile
(finché cadde il regime totalitario di Ciausescu) dice che il portiere fosse
stato colpito da una forma di trombosi che lo costrinse all’abbandono
dell’attività. A dire il vero qualche giornalista europeo, sceso da un aereo a
Bucarest per sapere la verità, fu rimesso immediatamente sul velivolo che
l’aveva portato e rispedito a casa da uomini del regime.
Cosicché ancora oggi, che pure il regime non c’è più,
qualcuno si chiede che fine abbia fatto Helmut Ducadam.
Personalmente l’ho inserito in queste memorie di calcio quale
simbolo di giocatore colpito da una forma di ingiustizia che ha poco a che
vedere con lo sport.
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